Se non ci fossero di mezzo la privazione della libertà e i rischi di maltrattamento in carcere ci sarebbe da ridere: com’è che in 10 sono stati portati via dalla stessa casa e 8 maschi sono accusati di atti omosessuali e 2 ragazze di prostituzione? Solo dopo una settimana di fermo di polizia, senza accesso agli avvocati, escono notizie della nuova operazione anti-gay in Tunisia, questa volta nella capitale Tunisi, non nella bigotta provinciale Kairouan. Stavolta dopo pressioni internazionali e di una parte della stessa opinione tunisina, si spera che siano riuscite a evitare almeno il test anale, ma ancora non si sa.

Nelle prime ore di giovedì 24 marzo 10 giovani sono stati portati via da un appartamento dove stavano passando la notte insieme. Tra di essi, due 19enni e un 18enne che erano già stati arrestati per atti omosessuali nel dicembre scorso a Kairouan – il caso dei «sei studenti gay» – condannati in primo grado a 3 anni di carcere, poi scarcerati dopo 40 giorni e condannati in appello a un solo mese. Due giorni prima di questo nuovo arresto erano stati incontrati e intervistati, sulle violenze subite in carcere, dalla giornalista televisiva Sandra Magliani per il programma Terra. Avevo cenato anche io con loro, li conoscevo già. Quella volta, a dicembre, l’indizio di atti omosessuali era costituito da un video trovato in un portatile e la presunta prova dalla imposizione di un «test anale» (giudicato barbaro e assolutamente ascientifico dallo stesso Ordine dei Medici tunisino).

Questa volta si sa solo che i 3 – Skandar, Brahim e Aytem – con altri 5, totale 8, sono accusati per l’articolo 230 (atti omosessuali) e che due ragazze che erano con loro sono accusate di prostituzione. «La polizia incolla accuse alla rinfusa», dice l’avvocata Fadoua Braham. Ci sarebbero anche accuse di consumo di stupefacenti, per tre spinelli. Una legge molto severa, quella contro il consumo di cannabis, criticata dalle associazioni per i diritti umani e in via di alleggerimento. Ma anche il codice di procedura penale che consente di tenere gli arrestati senza comunicazioni per sei giorni interrogando senza avvocati, anche quello è in via di superamento, scadrà tra due mesi.

Qual è il senso di questa operazione “della Buoncostume” a Tunisi? Un semplice riflesso condizionato, forza d’inerzia, vecchie maniere, vicini bigotti e paranoici che denunciano e quindi bisogna agire? O c’è una nuova volontà persecutoria, magari proprio contro questi ragazzini ribelli che hanno contatti con attivisti e giornalisti stranieri? O c’è qualche geniale stratega al Ministero degli Interni che pensa che per meglio sconfiggere l’ala tunisina dell’Isis sia necessario un giro di vite contro “il peccato”?

Non si può rispondere con certezza a queste domande. Così come non si può affermare con certezza che siamo di fronte a una ondata di omofobia militante, un po’ di Stato e un po’ di strada. A me pare di sì, ma qualcuno invece pensa che si tratti solo di una quota di episodi repressivi sempre accaduti ma sempre nascosti mentre ora emergono. Però è davvero dura la vita dei sei di Kairouan, dopo le violenze e i bullismi sopportati in carcere. Uno di loro 18enne era già cacciato di casa prima dell’arresto, dopo i naufraghi sono diventati 3. Tre, in distinti episodi tra febbraio e marzo, sono stati aggrediti da omofobi per strada, con ferite lievi. Ma registrate e denunciate. Uno, il 18enne, è stato fermato tre giorni dalla polizia per aver reagito.

Poco dopo l’uscita dal carcere a gennaio i due teen ager “scatenati” erano stati malmenati e tenuti legati per due giorni nella famiglia di uno di loro. E ora tre che tornano in carcere. La reazione più tempestiva è stata quella del mondo arcobaleno italiano, un appello che si allargherà a livello internazionale (testo completo su ilmanifesto.it). Nessuno si illude di costringere da fuori la Tunisia ad europeizzarsi sui diritti gay, ma si vuole contribuire a ridurre sofferenze del tutto inutili e assurde, e a fare i conti un po’ più positivamente con una nuova incontenibile generazione di ragazzi magrebini che si sentono e si dichiarano gay.