commonschieri

La circostanza è casuale: il primo festival internazionale dei beni comuni, che comincia oggi a Chieri (sulla collina di Torino), si svolge proprio nel pieno dello scontro politico europeo sulla Grecia. Ma la casualità suggerisce un accostamento non indebito: il voto ellenico di domenica scorsa è un nuovo episodio della stessa storia di cui sono parte i referendum italiani sui servizi pubblici locali e sull’acqua. La vittoria dei «sì» nel giugno del 2011 rese evidente il rifiuto popolare delle ricette neoliberiste, e la successiva lettera della Bce all’indirizzo del governo Berlusconi rese altrettanto chiaro che i poteri reali della governance sovranazionale non erano disposti ad accettare quel responso: bisognava ignorare le urne, perché l’unica democrazia possibile è quella che privatizza. In questi giorni in Europa accade la stessa cosa: la volontà dei greci non può valere, perché non è conforme a quella della trojka.

La rassegna chierese si carica, dunque, di grande significato politico: «La primavera italiana del 2011 ci indicò una strada che non riuscimmo a percorrere – afferma il giurista Ugo Mattei, ideatore e curatore della manifestazione -. Dobbiamo fare autocritica per non essere riusciti a costruire egemonia dopo quel risultato: per questo oggi in Italia non abbiamo Syriza o Podemos. Il festival – continua Mattei – è il tentativo di fare tesoro di quell’errore, riproponendo il valore politico-culturale dei commons, ma aprendoci a contributi di mondi diversi, compreso quello cattolico: il magistero di papa Francesco non può essere ignorato».

Fino a domenica un fitto programma di incontri e dibattiti per ragionare in astratto, ma anche per esaminare le strade già battute in concreto, come il progetto per l’area dell’ex cotonificio Tabasso nella cittadina che ospita l’evento, alla ricerca di modi efficaci per sottrarre all’appropriazione esclusiva di soggetti pubblici e privati quelle «cose che esprimono utilità funzionali all’esercizio dei diritti fondamentali e al libero sviluppo delle persone» (secondo la definizione di beni comuni che diede la commissione Rodotà). Numerosi anche gli spettacoli, con appuntamenti di musica, teatro, cinema. Il clou è senz’altro domani alle 21 (in Piazza Dante, a pagamento) con il concerto di Caetano Veloso e Gilberto Gil, per la prima italiana del loro tour insieme.

Il via oggi alle 18.30 con un dialogo fra Salvatore Settis e Gustavo Zagrebelsky, nei prossimi giorni toccherà, fra gli altri, a Sandro Mezzadra, Toni Negri, Judith Revel, Pierre Dardot, Vandana Shiva, Stefano Rodotà, Carlo Freccero, Michela Murgia, Davide Ferrario e Marco Paolini. Tra i temi affrontati: i commons digitali, la difesa del territorio, le esperienze (nazionali e internazionali) di riutilizzo degli spazi abbandonati, l’arte e la scienza come beni comuni (il programma completo sul sito festivalbenicomuni.it).

A fare da sfondo all’intera rassegna è lo sforzo di riannodare un’alleanza fra la cultura giuridica e i movimenti sociali, fra diritto e lotte, attraverso la quale creare strumenti (quelle «istituzioni del comune» teorizzate da Negri) per sottrarre ai governi il controllo totale della politica. Quello fu il senso dei referendum del 2011 e poi del giudizio della Corte costituzionale dell’anno dopo, che ristabilì il vincolo referendario contro le norme, imposte dalla lettera della Bce, che lo avevano immediatamente disatteso, imponendo nuovamente le privatizzazioni dei servizi pubblici locali.

Alla vigilia di un festival carico di pensiero critico, la cui realizzazione è in capo al comune di Chieri di cui Mattei è vicesindaco, non potevano mancare i malumori e le polemiche, anche molto aspre. Dalla destra, ma anche dal Partito democratico (socio di maggioranza nell’amministrazione locale): inaccettabili gli inviti al «cattivo maestro» Negri e alla redattrice di questo giornale Geraldina Colotti, che ha scontato 27 anni di carcere per la sua appartenenza alle Brigate Rosse. Dopo giorni di tensione, i responsabili dell’iniziativa sono riusciti a «salvare» la presenza di Negri, ma non quella di Colotti: vista la sua assenza forzata, però, l’organizzazione ha deciso di cancellare l’intero panel di discussione sulle politiche dei beni comuni in America latina al quale la giornalista avrebbe dovuto portare il proprio contributo. Il messaggio agli avversari del festival è chiaro: «o tutti, o nessuno». Per Mattei si è trattato di polemiche strumentali: «Hanno creato la paura del terrorista con il solito meccanismo che i potenti usano quando si cerca di fare qualcosa di significativo: è quello che vediamo ormai da anni anche a ogni manifestazione di piazza». Nulla di cui stupirsi, purtroppo.