Lo scandalo dello spionaggio è stato al centro del Consiglio europeo, anche se queste questioni non sono comunitarie, ma dipendono dalle relazioni bilaterali dei diversi stati europei con il principale imputato, gli Stati uniti (con cui del resto hanno collaborato, in varia misura, numerosi paesi europei, anche uno a scapito dell’altro). Per questo, a Bruxelles è andato in onda un nuovo episodio della frammentazione europea, camuffata da qualche bel discorso che finge l’unità. Tutti indignati, in una corsa a chi mostrava maggiore irritazione verso “lo scandalo”. Dopo la Francia e la Germania, anche la Spagna, che si è anch’essa scoperta spiata fin dai temi di Zapatero, ha convocato (per lunedi’) l’ambasciatore statunitense a Madrid. Ma, in sostanza, non è stata presa nessuna decisione forte: non ci sarà nessun blocco dei negoziati sul Ttip, la “Nato del commercio”, che deve stabilire norme comuni tra le due sponde dell’Atlantico, mentre lo spionaggio non è solo politico, ma anche – e soprattutto – industriale.

Francia e Germania hanno sottoposto ai partner una dichiarazione comune, letta dal presidente del Consiglio Ue, Herman Van Rompuy, dove si invita a ristabilire la fiducia tra paesi amici, ma vengono evitate critiche esplicite a Washington. Infine, anche per la protezione dei dati personali dei cittadini Ue all’interno dell’Europa, si dovrà aspettare il 2015 per la revisione della direttiva sulle telecom.

Francia e Germania hanno parlato di instaurare un “codice di buona condotta” nell’intelligence, perché, come ha detto Merkel, “non si intercetta qualcuno incontrato a un incontro internazionale”. Ma Merkel, in campagna elettorale, aveva messo la sordina sulle critiche dell’opposizione, rispetto alla questione dello spionaggio Usa e adesso è questa stessa opposizione Spd, che si prepara a fare un governo con la cancelliera, ad abbassare i toni. Hollande ha protestato, ha accennato al cyberattacco che avrebbe subito la Francia nel maggio 2012, tra i due turni della presidenziale, ha spiegato che sono seguite “varie piste”, ma da Parigi il primo ministro Jean-Marc Ayrault ha assicurato che il paese non ha corso “nessun rischio”.

Nella “dichiarazione” di Bruxelles viene citata “l’intenzione di Francia e Germania di intraprendere discussioni bilaterali con gli Usa con lo scopo di trovare entro fine anno un accordo sulle relazioni reciproche in questo campo”. I capi di stato e di governo affermano di essere “informati” dei recenti sviluppi dello scandalo, capiscono “la profonda preoccupazione dei cittadini”, ma si premurano di ribadire che la relazione è “stretta” con gli Usa e che la collaborazione deve continuare, certo “fondata sul rispetto e la fiducia”. Gli europei si limitano a mettere in guardia Washington: la “mancanza di fiducia reciproca potrebbe portare pregiudizio alla necessaria cooperazione di raccolta informazioni” nella lotta al terrorismo. E’ all’opera, del resto, un gruppo di lavoro Ue-Usa sulla protezione dei dati. La “dichiarazione” non ha entusiasmato polacchi e britannici. La Germania, invece, fa la voce grossa. All’Onu ha stabilito un’alleanza con il Brasile, altro paese spiato, per chiedere delle spiegazioni. Merkel ha espresso un’emozione probabilmente non simulata, viste le analogie che possono essere stabilite con il comportamento della Germania est: “abbiamo sotterrato assieme i nostri soldati in Afghanistan – ha detto – non è possibile che adesso dobbiamo preoccuparci di essere spiati da alleati”. Enrico Letta ha chiesto “tutta la verità” agli Usa. Secondo Emma Bonino, l’Europa ha chiesto “chiarezza e verità” sullo scandalo. Ma poi, anche gli italiani fanno come gli altri, e diventano molto meno chiari quando devono precisare cosa è davvero successo, cosa ha subito l’Italia o a cosa ha partecipato. Perché, come ha ammesso Jean-Claude Juncker, caduto in Lussemburgo proprio a causa di uno scandalo dei servizi, “probabilmente anche i nostri non adottano sempre i comportamenti migliori”. Alla faccia del “codice di buona condotta” che adesso Parigi e Berlino andranno a discutere con Washington.