«Non si capisce quale sia quella legge divina, quel versetto coranico che possa mai soffocare in un padre, sia pure musulmano devoto, l’impulso naturale (e primario) di salvare la figlia dalla morte sicura». Con lirismo degno di miglior sorte e un passo cadenzato volto a riempire una pagina di cronaca agostifera, anche il Corsera di ieri dava conto dell’incredibile vicenda che sarebbe avvenuta a Dubai, dove un padre ha impedito al bagnino di salvare la figlia che stava annegando per evitare che questa venisse toccata da un estraneo.

Il mix di orrore, oscurantismo islamico e spiagge in un certo senso è un genere inventato, o quanto meno spettacolarizzato dall’Isis a più riprese. Ma diversamente declinato è anche un cocktail estivo con cui i colossi dell’informazione trovano comodo soddisfare la sete di notizie dei loro lettori. Un cocktail talvolta letale, se non altro per le sorti di una corretta informazione.

Sia dunque benedetto il fact checking, la verifica dei fatti raccontati ad esempio in un articolo, e chi non vi rinuncia malgrado la crisi. Il britannico The Guardian, fatto un rapido controllo, è giunto alla conclusione che la notizia, ancorché da verificare, risale al 1996, È stata data con la massima enfasi da diverse testate (in Inghilterra tra gli altri da Mail, Telegraph e Sky News) come fosse una notizia del giorno, ma Afp e altre agenzie l’hanno a loro volta desunta da un’intervista pubblicata sul sito Emirates 24/7, in cui un veterano della “sicurezza” racconta i casi più strani con cui si è dovuto misurare nella vita. Compreso quello dell’«asiatico» che avrebbe appunto preferito far annegare la figlia piuttosto che farla toccare dai soccorritori. Notizia tossica, ma funzionale alla stagione. Per balneare o culturale che sia.