Di motivi per non stare allegri in questo momento, nel Regno Unito ce ne sono tanti. Non che altrove si stappi lo champagne, ma la situazione britannica – fra gli effetti della Brexit, i party inopportuni del primo ministro e i comportamenti inappropriati di alcuni membri della famiglia reale – appare particolarmente malinconica. A tenere alto l’umore, però, arrivano i dati del mercato editoriale. Che sono, è il caso di dirlo, clamorosi: «Le vendite di libri hanno continuato a salire nonostante le restrizioni pandemiche, con più di 212 milioni di libri venduti nel 2021 – la cifra più alta dell’ultimo decennio», scrive Alison Flood sul Guardian, precisando che il risultato eccezionale si deve soprattutto al «crescente appetito» dei lettori per i gialli, la fantascienza, il fantasy, i romanzi rosa e soprattutto i testi di auto aiuto, che hanno avuto un’autentica impennata. Secondo i dati della ricerca Nielsen, infatti, i libri che si occupano di «mente, corpo e spirito» sono aumentati del 50%, con vendite complessive di 18 milioni e 700mila sterline, un record assoluto – il che incidentalmente conferma come l’umore dei britannici (forse con l’eccezione di editori e librai) non sia mai stato così basso.

«Nel complesso, i bestseller del 2021 mostrano che gli acquirenti di libri cercano conforto, risate, evasione, un senso di famiglia e di comunità» è il commento di Jackie Swope di Nielsen, pronta a rilevare che «purtroppo l’inizio del 2022 assomiglia molto a quello dello scorso anno, con una nuova variante, una corsa alla vaccinazione e una diffusa incertezza». Insomma, se tutto va bene (o male, a seconda dei punti di vista), anche nei prossimi mesi il mercato editoriale britannico non deve temere.

Ma per un paese che – si fa per dire – sorride, eccone un altro, in cui si piange: parliamo della Turchia, dove i libri rischiano, almeno per qualche tempo, di diventare una specie in via di estinzione. Spiega infatti Mefaret Aktas su Middle East Eye che «mentre molte industrie in tutto il mondo risentono dei problemi alla catena di approvvigionamento dovuti alla pandemia, gli editori turchi affrontano un problema più grande: la rapida svalutazione della lira ha spinto il prezzo della carta e dei diritti internazionali a livelli insostenibili», al punto che alcune case editrici si trovano costrette a lottare per la sopravvivenza.

Per capire la situazione, basta confrontare quanto valeva un dollaro un anno fa – 7,3 lire turche – e quanto vale oggi: 13,4 lire. «Questo aumento – scrive Aktas – ha colpito il settore editoriale come un tornado: quasi tutte le piccole e medie case editrici turche hanno interrotto la produzione, mentre le grandi hanno ridotto le loro uscite a meno della metà rispetto all’anno scorso». Inutile dire che il prezzo dei libri è in parallelo raddoppiato, e che per molti «la scelta è fra un libro e un litro di olio da cucina», dice l’editore Vahit Uysal, che si affretta ad aggiungere: «Anch’io al posto loro opterei per il cibo». Il caso della sua sigla, Siyah Kitap, è sintomatico: specializzata in opere tradotte da altre lingue, da tre mesi non pubblica un volume, nonostante ci siano venticinque testi pronti, perché Uysal non può permettersi di comprare la carta per stamparli. Ma soffrono pure le grandi case editrici, come Dogan Kitap, il cui direttore, Cem Erciyes, sintetizza: «Siamo di fronte a una tempesta perfetta». Né gli editori si aspettano aiuti dal governo che, conferma Atkas, non ha attualmente un piano di sostegno per l’industria del libro. «Usciremo dalla crisi solo grazie alla solidarietà dei lettori», afferma il presidente dell’associazione di categoria, Kenan Kocaturk.

Bon courage, come si dice in Francia.