Domenica 18 ottobre saranno 364 giorni dall’ultima volta che in Bolivia si è votato per scegliere il/la presidente della repubblica. In mezzo, oltre alla pandemia, abbiamo visto il tentativo di screditare una legittima elezione, un golpe, i movimenti sociali e indigeni nelle strade per bloccare il processo eversivo delle destre, un nuovo Tribunale supremo elettorale (Tse), lo spostamento del voto, la criminalizzazione dell’ex presidente Morale, lo sciopero generale della Cob e il forfait dell’autoproclamata presidentessa Añez dalla corsa elettorale.

Lo scontro per la poltrona presidenziale però pare che si giochi ancora tra Movimento al socialismo (Mas) e Comunidad Ciudadana, e se lo scorso anno era tra Morales e Mesa, quest’anno sarà tra Arce e lo stesso Mesa.

LA DESTRA non solo non è riuscita a gestire il golpe ma si è ben presto spaccata fino a presentarsi alle elezioni con 5 diversi candidati, e nessuno di questi, pare, pronto ad alleanze. Anzi tra Mesa e Camacho, volto pubblico del golpe, i rapporti paiono pessimi. Con questo scenario il Mas gioca ancora da primo partito, e secondo alcuni sondaggi potrebbe di nuovo vincere al primo turno. In caso di ballottaggio invece le sue chance crollerebbero.

La legge elettorale prevede che uno degli sfidanti debba superare il 50% delle preferenze o raggiungere almeno il 40% ma avendo 10 punti di vantaggio sul secondo. È quanto era successo il 20 ottobre 2019, anche se poi false voci di brogli, che poi si trasformarono in manifestazioni e prese di posizione delle destre continentali, permisero la spallata golpista, con la fuga, molto contestata a sinistra, di Morales in Messico e poi in Argentina. E lo scontro nelle piazze.
Ciò che i sondaggi non prevedono è come voteranno gli indecisi e in che clima si svolgeranno il voto e lo spoglio. Il ritiro di Añez per alcuni è il sintomo che la macchina elettorale guidata dai golpisti sia pronta ad intervenire nel processo elettorale.

LA PORTAVOCE DEL MAS, Marianela Paco, denuncia il rischio di una manipolazione dei risultati per impedire la vittoria alla presidenza e vicepresidenza di Luis Arce e David Choquehuanca. Paco sottolinea la mancanza di trasparenza nel conteggio rapido dei voti e il ritorno di osservatori dall’Organizzazione degli Stati americani (Osa, tra le poche istituzioni a considerare ancora non valide le elezioni del 2019). Ma a parlare di brogli è anche l’ex presidente, e favorito in caso di ballottaggio, Carlos Mesa.

Pochi credono che domenica sarà una giornata tranquilla. A scaldare il clima sono anche le dichiarazioni di Morales e Linera. L’ex presidente si dice pronto a tornare in Bolivia se il Mas dovesse vincere, ma la figura di Morales, dentro le sinistre del paese, non è certo elemento di unione, tanto che Arce più volte ha preso le distanze dalle sue dichiarazioni. L’ex vicepresidente Linera, dopo mesi di silenzio, parla di una situazione di «catastrofico pareggio» poiché «le forze conservatrici controllano alcuni territori grazie a discorsi corrotti, ma al tempo stesso ci sono forze progressiste di sinistra che hanno recuperato spazi o trovano nuove forme di crescita».