Per chi avesse avuto ancora qualche dubbio sul campo di interessi in cui si colloca Yoani Sanchez, basta leggere le dichiarazioni che ha rilasciato su alcuni grandi media occidentali, gli unici che si ostinano a darle credito (e pour cause). Yoani chi? Vi domanderà d’altronde qualunque cittadino comune a Cuba, dove la danarosa bloguera non è conosciuta neanche sul pianerottolo del condominio. Ma tant’è. Dopo la liberazione dei tre prigionieri politici cubani – tre agenti che effettuavano attività preventiva fra gli attentatori anticastristi di Miami sui cinque condannati all’ergastolo o a lunghe pene negli Usa – Sanchez ha fatto un ritratto partecipe del contractor Usa Alan Gross. Ha lamentato le terribili condizioni in cui sarebbe stato detenuto a Cuba. Ha schizzato bile sul governo cubano e sulle «astute mosse del regime». Neanche un dato, però, sulle ragioni che hanno portato in carcere i 5 agenti, sul contesto feroce in cui sono maturati gli attentati anticastristi a Miami. Neanche una parola sulle carceri Usa, che non sono certo una passeggiata. E poco importa se il suo omologo Gross, che ha sempre potuto ricevere visite ed è stato curato egregiamente a Cuba (a differenza dei Cinque nelle prigioni Usa) abbia ringraziato «il popolo cubano», mostrando di certo meno veleno a stelle e strisce.