E così è tornata l’estate, le attività si rallentano e c’è il problema di riempire le pagine con materiali non troppo disonorevoli. (Parliamo delle pagine culturali, perché quelle dedicate alle cose che accadono in Italia e nel mondo sono fin troppo piene e si rimpiange il tempo in cui si parlava della calura stagionale con uno sbadiglio, senza pensare alla fine del mondo).

Per fortuna ci sono risorse cui il buon redattore culturale può attingere per dimostrare ai lettori che la sua esistenza ha un senso. Potrà per esempio chiedere a un’autrice o a un autore importante quale libro le/gli ha cambiato la vita. Non è una trovata originalissima, ma se sei al Guardian e hai nel tuo parco collaboratori Sally Rooney, ne può venire fuori un articolo più che decente soprattutto se – com’è il caso della scrittrice irlandese – il titolo individuato non è nella lista dei best seller degli ultimi quindici giorni. Rooney ha infatti scelto di scrivere di Tutti i nostri ieri di Natalia Ginzburg (uscito in Italia nel 1952 e tradotto in inglese una quarantina di anni fa), rivolgendosi «ai lettori che in questo momento – consapevoli o no – stanno aspettando il loro primo e speciale incontro con l’opera» di Ginzburg.

Quanti siano non si sa, ma dopo l’articolo di Rooney Tutti i nostri ieri – «un romanzo perfetto, che riesce a essere completamente ciò che cerca di essere, e nient’altro» – avrà di certo un’impennata nelle vendite britanniche. Un’altra ipotesi per non lasciare le pagine bianche è scrivere un’inchiesta sulle grandi opportunità editoriali di TikTok. Ancora un pezzo sull’effetto BookTok? si chiederanno increduli i lettori di questa rubrica, stanchi di sentir parlare di quello che da due anni viene definito «il fenomeno editoriale del momento». Ebbene sì, e a proporre l’articolo – How TikTok Became a Best Seller Machine – non è un giornaletto di provincia, ma il New York Times. Sorvoliamo.

E poi, per chi è a corto di idee, c’è sempre la Future Library ideata a Oslo nel 2014 dall’artista scozzese Katie Paterson e alimentata ogni anno da due testi (uno internazionale e uno norvegese) che nessuno potrà leggere fino al 2113. Anche qui non si tratta di una novità fresca di giornata, ma i redattori culturali contano sulla scarsa memoria dei lettori e sulla possibilità di confezionare la storia in modo originale: è quello che ha fatto la Bbc affidando il reportage dalla «biblioteca del futuro» a Richard Fisher, un giornalista al lavoro su un libro, The Long View, sul modo in cui cambia la nostra idea di tempo. Fisher ha quindi partecipato al rito «officiato» quest’anno dall’autrice dello Zimbabwe Tsitsi Dangarembga e dal norvegese Karl Ove Knausgaard che hanno depositato i loro testi in una Silent Room dove resteranno chiusi fino al prossimo secolo. Osservatori disincantati potrebbero insinuare che difficilmente gli scrittori affideranno i loro capolavori alla Future Library – un dubbio che pochi tra i viventi oggi potranno sciogliere. Sicuro è però che per i redattori culturali la biblioteca del futuro è, soprattutto d’estate, una grande invenzione.