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La biblioteca degli spazzini

Reportage Ad Ankara l’azienda dei rifiuti gestisce una struttura con 25 mila libri salvati dalla spazzatura. Partita come una sala lettura per i dipendenti, ora occupa l’ex fornace dello stabilimento. E chiunque ha da svuotare una libreria si rivolge a loro

Pubblicato più di 4 anni faEdizione del 23 gennaio 2020

In una vecchia fabbrica di mattoni alla periferia di Ankara, c’è la sede della Norm-altas, l’azienda incaricata della raccolta dei rifiuti della città che gestisce anche una biblioteca con oltre 25 mila libri, tutti salvati dalla spazzatura.

Ci troviamo nel distretto di Çancaya dove, fino a quarant’anni fa, si producevano i mattoni in terracotta per la costruzione delle case a un piano, un tempo comuni in molti quartieri della capitale. Venticinque stabilimenti che impiegavano più di 10 mila operai e producevano un importante indotto legato al trasporto del lavorato e dei materiali necessari alle fornaci.

Nel 1960, quando ad Ankara vivono ancora meno di mezzo milione di abitanti, ha inizio l’espansione della capitale voluta da Mustafa Kemal Atatürk, che assume presto l’aspetto di una moderna sede al centro dell’Anatolia e sostituisce Istanbul, l’antica città ottomana sul Bosforo.

Con i nuovi distretti governativi e commerciali si sviluppa una affollata periferia costituita da semplici case di artigiani, contadini e allevatori che giornalmente si recano nei bazar del centro per vendere i loro prodotti. Una semplice e vivace economia che ha origine a pochi chilometri dai centri direzionali dei grandi affari.
Dal 1980, con l’aumento degli investimenti nella produzione energetica e industriale, inizia un sviluppo economico che si diffonde per tutta la Turchia. La capitale cresce di importanza e dimensioni, i piani urbanistici subiscono continue e affrettate modifiche e le zone residenziali e di edilizia popolare crescono ovunque in un susseguirsi di forme simili, come tessere di un domino.

La tradizionale periferia è circondata dai nuovi quartieri e i suoi abitanti sono inglobati in palazzi-alveare costruiti con materiale scadente e scarsi servizi di comunicazione.

Il redditizio mercato del cemento sostituisce completamente l’utilizzo di altri materiali e nel 1999 chiude l’ultima fabbrica di mattoni di Ankara. Alle porte del nuovo millennio la capitale ha già superato i 4 milioni di residenti.

Emirali Urtekin è il responsabile dell’azienda Norm-altas, che dal 2015 ha sede in uno di questi vecchi stabilimenti abbandonati. Mi accoglie in una grande e luminosa stanza con pareti, neanche a dirlo, realizzate in vecchi mattoni.

Alle sue spalle sono esposti oggetti vintage di uso comune e di cui si è persa quasi memoria: un walkman, una radio Grundig, una macchina da scrivere Olivetti e un juke box. «Funziona tutto perfettamente», dice Emirali, «abbiamo trovato ogni cosa nella spazzatura, compresi il juke box e la sua collezione di dischi all’interno». Prende una moneta da una lira turca, la inserisce e seleziona un brano di Ajda Pekkan, tra le cantanti più conosciute del pop turco: la giusta colonna sonora per accompagnare la storia di questo luogo.

«Ci occorreva nuovo spazio per il deposito e il rimessaggio dei nostri automezzi», ricorda Emirali, «e nel 2015 l’azienda decise di spostare la sede qui a Çancaya, ristrutturando l’edificio e curando sin da subito gli spazi lavorativi e di ricreazione di tutto il personale».

La struttura è infatti dotata di ampi spazi di aggregazione per i dipendenti che possono essere utilizzati nelle ore libere: una mensa, una sala riunioni e persino un piccolo allevamento di piccioni da gara, una delle attività più tradizionali e amate dell’Anatolia.

Per organizzare anche una sala lettura, nel 2016, gli addetti allo smistamento dei rifiuti cominciano a raccogliere e selezionare libri per i loro scaffali che, in grande numero, trovano nella spazzatura. Testi di saggistica, romanzi e riviste sono riuniti in quella che diventa in breve una fornita biblioteca.

«La città sta cambiando velocemente e noi siamo i primi ad accorgercene», continua Emirali, «quello che un tempo aveva un certo valore, adesso ne ha molto meno, e i libri sono tra questi. Per molti uno smartphone è adesso più importante di una intera libreria».

Il libri raccolti nel deposito del compound aziendale continuano ad aumentare e lo spazio non è più sufficiente per contenerli tutti e permetterne una facile consultazione.

Nel 2018 si decide allora di destinare la vecchia fornace dello stabilimento, utilizzata come deposito attrezzi e materiale, a locale biblioteca.
Tutti i dipendenti dell’azienda offrono il loro contributo per adeguare la struttura a contenere la loro raccolta di libri. Anche la mobilia e gli scaffali sono recuperati dalla spazzatura e adattati alle la nuove stanze.

Emirali mi racconta su come la percezione del nuovo spazio lavorativo inizia a modificarsi da parte del personale, e gli stessi che si lamentavano della troppa distanza dalla città, invitano familiari e amici a visitare e trascorrere del tempo nella biblioteca. Viene anche aperta una caffetteria e un parrucchiere, tutto gratuito e gestito dai dipendenti con la passione del çay e del pettine e forbici.

La Biblioteca degli Spazzini in breve tempo si fa conoscere ovunque ad Ankara e i cittadini che hanno libri da consegnare chiamano l’azienda per un ritiro domiciliare o per portarli direttamente nei loro scaffali.

«In un paio d’anni la biblioteca è diventata di una intera comunità», continua Emirali, «e grazie a chi ci ha donato un libro, ma ancor più agli sconosciuti che li hanno abbandonati nella spazzatura, il nostro messaggio è diventato popolare in tutta Ankara – un libro non si butta mai, si custodisce o si regala».
Dal 2018 la biblioteca di Çancaya è aperta a tutti ed è utilizzata dalle scolaresche della periferia di Ankara che qui vengono a svolgere le loro ricerche e consultazioni. Chiunque può entrare per sfogliare una intera collezione del National Geographic, leggere un libro, prenderlo in prestito o anche tenerlo per sé nella libreria. «L’importante è che non finisca mai più nella spazzatura», dice ancora Emirali, «e se dovesse succedere, noi siamo pronti a salvarlo ancora una volta».

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