Lo spazio e la sua esplorazione «fisica» da parte dell’uomo è, per molti versi, terra incognita. Ma per tanti altri – assai più di ciò che un profano in astrofisica potrebbe immaginare – non è poi così misteriosa. La linea che divide la conoscenza certa dalla speculazione è ciò su cui si regge l’ultimo blockbuster di Christopher Nolan, Interstellar, epopea fantascientifica che, ripetendo l’operazione che già fu vincente per la trilogia di Batman, viene fondata su delle basi realistiche. Il viaggio degli astronauti guidati da Cooper (Matthew McConaughey) attraverso un wormhole per trovare nuovi pianeti abitabili per la razza umana in «una galassia lontana lontana» è stato scritto da Nolan e dal fratello Jonathan in collaborazione con il fisico americano Kip Thorne, incaricato di fornire una plausibilità scientifica a tutti i passaggi del film. I

In The science of Interstellar-pubblicato da W. W. Norton&Company ed ancora inedito in Italia – Thorne ripercorre la lavorazione di Interstellar ed illustra le teorie su cui è fondato. Dalle leggi di Newton sulla gravità alla teoria della relatività di Einstein, fino al territorio ancora largamente «inesplorato» della gravità quantistica, il lavoro del professore di fisica teoretica esplora le leggi più complesse che regolano l’universo con un linguaggio comprensibile ai non addetti ai lavori, e che fa appello all’interesse di quella larga fetta di pubblico che, da semplice estimatore della materia, già si era appassionato alle opere divulgative di luminari come Stephen Hawking – il cui saggio Dal Big Bang ai buchi neri ha venduto oltre nove milioni di copie – e Carl Sagan, il cui programma televisivo degli anni Ottanta, Cosmos, resta ad oggi il più seguito della storia del canale americano Pbs.

La possibilità scientifica che il protagonista, di qualche anno più anziano di quando ha lasciato la terra, si ricongiunga con la figlia ormai vecchissima, o che si impadronisca dei segreti della singolarità che si trova nel cuore di un buco nero, è ciò che costituisce il fascino di Interstellar nonché ciò che Kip Thorne spoglia delle inaccessibili formule matematiche che per la maggior parte delle persone ne celano la bellezza. Suddividendo rigorosamente le teorie di cui parla in verità, ipotesi plausibili e speculazioni, l’autore consente a chi legge di cogliere almeno parte della meraviglia connaturata allo studio di fenomeni come i buchi neri o l’incurvarsi dello spazio e del tempo.
Interstellar non è infatti un progetto nato dall’idea di un cineasta, ma dal desiderio di uno scienziato – lo stesso Thorne – di rendere in qualche modo visibili dei concetti di astrofisica di cui in parte è stato lui stesso pioniere, come i wormholes, e – con le sue stesse parole – «di realizzare un blockbuster fantascientifico fondato dal suo stesso principio nella vera scienza».

Le peripezie per trovare una casa di produzione ed un regista; il colossale lavoro di ricerca e preparazione sono ciò che rendono appetibile questo libro anche per un pubblico di cinefili. Il progetto che Thorne covava insieme all’amica e produttrice Lynda Obst approdò nell’ormai lontano 2006 sulla scrivania di Steven Spielberg, con cui per mesi il fisico si incontrò per lunghi brainstorming, finché un non meglio specificato «disagreement» non lascia il film ancora senza titolo orfano di un regista. Solo molti anni dopo, nel 2011, arriva finalmente al timone Christopher Nolan, autore della breve introduzione che apre il libro e da allora in poi costante interlocutore di Kip Thorne, che racconta di aver passato lunghe notti insonni per risolvere scientificamente le richieste del regista inglese, ad esempio quella di rendere possibile l’esistenza di un pianeta in cui una manciata di minuti equivalgano a decine di anni sulla terra.

Nel libro viene largamente dettagliato anche il processo di realizzazione degli effetti speciali, per cui la squadra addetta ai visual effects trasponeva sullo schermo le equazioni inviate dallo stesso Thorne. Così facendo, sono state prodotte delle simulazioni al computer talmente accurate che il buco nero «protagonista» del film, Gargantua, è ad oggi la più dettagliata simulazione esistente di come sarebbe un buco nero simile se mai potesse essere visto da occhi umani, ed ha addirittura condotto Thorne ed i suoi studenti a delle nuove scoperte sulla forma dei buchi neri. Com’è naturale, un libro che tratta complessissime teorie scientifiche non è sempre di facile comprensione, o ancor meno scorrevole, ma la fatica causata da certi passaggi è sempre ripagata. D’altro canto, come recitava Cosmos di Carl Sagan: «Se vuoi fare una torta di mele partendo da zero, devi prima inventare l’universo».