È arrivata la seconda ondata del Covid e, sotto Natale, il Consiglio direttivo della Banca Centrale Europea (Bce) ha rimesso mano al bazooka monetario che alimenta la risposta finanziaria alla crisi. Iieri ha deciso di aumentare di 500 miliardi di euro la dotazione del Programma di acquisto per l’emergenza pandemica (Pepp) portandolo a un totale di 1850 miliardi di euro, allungandolo di altri nove mesi. Gli acquisti netti dei titoli dureranno non più fino giugno 2021, come previsto finora, ma fino alla fine di marzo 2022. Probabilmente saranno prolungati ancora fino a quando durerà la crisi economica.

La banca centrale prevede crollo del 7,3% del Prodotto interno lordo (Pil) dell’Eurozona nel 2020, crescerà nel 2021 del 3,9%, di +4,2% nel 2022 e +2,1% nel 2023, prima stima preliminare. A settembre le proiezioni erano meno 8% nel 2020, +5% nel 2021 e +3,2% nel 2022. È stato deciso di estendere il periodo di tempo entro il quale reinvestire il capitale rimborsato sui titoli in scadenza nel quadro del Pepp almeno sino alla fine del 2023. Questo significa che le politiche monetarie – oltre al Pepp ci sono i venti miliardi di euro di acquisti mensili previsti dal »tradizionale» «Quantitative Easing» (Qe) di Mario Draghi, predecessore di Christine Lagarde alla guida della Bce. La riduzione degli acquisti avverrà gradualmente oltre il 2023 per evitare contraccolpi sui debiti pubblici che gli Stati come l’Italia sono stati costretti ad aumentare per contenere la disoccupazione in aumento, »risarcire» i danni prodotti dalle chiusure delle attività economiche.

L’Eurotower ha deciso inoltre di ricalibrare ulteriormente le condizioni applicate alla terza serie di operazioni mirate di rifinanziamento a più lungo termine. Restano invariati i tassi di interesse allo 0% per i tassi sulle operazioni di rifinanziamento principali, allo 0,25% sulle operazioni di rifinanziamento marginale e a -0,50% sui depositi presso la banca centrale. Operazioni aggiuntive saranno condotte fra giugno e dicembre 2021. Le previsioni economiche in flessione, la mancata concessione di condizioni ancora maggiori sui prestiti delle banche e un tasso di rifinanziamento più basso per le misure Ltro hanno fatto arretrare ieri le borse: Milano con un calo attorno allo 0,9%, con uno spread a 117 punti. Francoforte meno 0,75% e Madrid l’1,2%

Nella conferenza stampa Christine Lagarde ha spiegato lo stretto nesso che esiste oggi tra l’economia monetaria e finanziaria e la situazione sanitaria creata dalla pandemia. Il rapporto è direttamente proporzionale: man mano che cambiano le previsioni economiche, e l’andamento delle curve pandemiche nei paesi europei, la Bce è costretta a modificare la capacità e la durata del suo sostegno finanziario agli Stati impegnati in politiche fiscali espansive.

«I nostri economisti, oltre a essere molto competenti nella loro materia devono anche essere molto attenti alla letteratura sanitaria – ha detto la presidente della Bce – Le previsioni oggi sono che a fine 2021 si sarà raggiunta una sufficiente immunità di gregge e l’economia potrà riprendere in condizioni più normali». Previsione quest’ultima tutta da confermare e che, comunque, non sembra contemplare le profondissime conseguenze sulle diseguaglianze e le nuove povertà che aumenteranno colpendo duramente chi già non era riuscito ad uscire dalla crisi finanziaria precedente del 2008. è in questo quadro che Francoforte continua a fare pressioni sul Consiglio Europeo che sta cercando in queste ore di approvare il »Recovery plan/Next generation Eu» da 750 miliardi di euro dopo l’accordo con Polonia e Ungheria. Il progetto è sostenere e »accelerare» la ristrutturazione capitalistica nei campi dell’«economia verde e digitale».