La Bce comincia a precisare la risposta all’offensiva della Corte costituzionale di Karlsruhe, che con una sentenza martedì scorso ha ingiunto all’Eurotower di giustificare entro tre mesi di non aver acquisito in modo «sproporzionato» debito pubblico, finanziando così gli stati membri, manovra proibita dai Trattati. La sentenza della più alta giurisdizione tedesca, anche se si riferisce al periodo 2015-2018 sotto la presidenza di Mario Draghi, mette un’ipoteca sul nuovo programma di 750 miliardi di acquisto titoli varato da Christine Lagarde nel marzo scorso per far fronte alla crisi sanitaria attuale. Ieri, il vice-presidente della Bce, Luis de Guindos, di fronte alla commissione Affari economici e monetari del Parlamento europeo, ha affermato che la Bce non vive «in una torre d’avorio» e analizza «costantemente» gli effetti secondari delle decisioni che prende, e tra questi c’è la «proporzionalità»: «quando prendiamo una decisione di politica monetaria guardiamo l’interazione con altri strumenti politici, come la politica fiscale o le riforme strutturali».
La battaglia è giuridica. Alla Corte di Karlsruhe, de Guindos ricorda che la Bce è sotto la giurisdizione della Corte di giustizia dell’Unione europea, che ha emesso nel 2018 un giudizio sulla legalità dell’azione della Bce, che i giudici tedeschi hanno messo in discussione. De Guindos ha ricordato i Trattati e i due principi che guidano l’azione della Bce: vegliare alla stabilità dei prezzi e l’indipendenza dai governi e dalle lobbies. «Useremo tutti gli strumenti a nostra disposizione» ha insistito de Guindos. Christine Lagarde ha fatto riferimento ieri a «politiche non convenzionali» per la Bce in questo contesto. La vigilia, era sceso in campo il governatore della Banque de France, François Villeroy de Galhau, membro del board Bce: «come ha detto la Corte di Giustizia europea, le nostre azioni passate sono certamente proporzionate al nostro mandato e la nostra determinazione nell’onorare in futuro quel mandato è totale». Per il governatore, «è pericoloso» criticare senza fondamento l’azione della Bce, perché lede «la fiducia che gli europei hanno nella loro moneta». Oggi c’è l’Eurogruppo dove si parlerà della sentenza di Karlsruhe, ma senza dichiarazione comune (dovranno invece venire definite le linee guida degli interventi del Mes di 240 miliardi, che potrebbe già partire dall’inizio di giugno, mentre per il programma di rilancio della Commissione, presentato a fine mese, e anche per il programma Sure di aiuto alla disoccupazione, ci vorrà più tempo).
Dopo i bastoni tra le ruote messi da Karlsruhe e le previsioni economiche catastrofiche della Commissione, il rischio nella Ue dove tutto è in crisi (consumo, produzione, investimenti, esportazioni) è di una divergenza nord-sud in crescita, con la conseguenza di una crisi drammatica nella coerenza economica del blocco (il pil della Ue cadrà del 7,4% quest’anno e del 7,7% nella zona euro, con oscillazioni dal meno 9,5% per l’Italia al meno 6,5% per la Germania, la Francia è a meno 8,2%). Inoltre, ad aggravare la divergenza sono anche gli interventi di spesa pubblica, tra l’1 e il 3% del pil e dell’immissione di liquidità, tra il 7 e il 18% del pil (con i paesi meno colpiti dal Covid-19 ad essere più intervenzionisti, mentre i più colpiti, come l’Italia, sono in difficoltà a causa dei conti pubblici). L’aumento della divergenza economica mette a rischio il mercato unico e la zona euro. Il commissario al Mercato unico, Thierry Breton, ha sottolineato che «siamo tutti nella stessa barca, senza il mercato unico l’industria tedesca e olandese è condannata» (la Germania esporta nella Ue il 50% della produzione, l’Olanda il 60%).