La Bce allunga le redini della politica monetaria, ma Berlino le accorcia nell’ultima versione del totonomine alla Commissione Juncker. Ieri, con una mezza sorpresa l’Eurotower ha abbassato di nuovo i tassi, tutti di dieci punti base: il costo del denaro cala allo 0,05, il più basso livello storico, la sesta diminuzione dal 2012, con l’ultimo ritocco nel giugno scorso (0,15%). I tassi di deposito passano da meno 0,1 a meno 0,2, cioè alle banche costerà più caro lasciare i soldi nelle casse dell’Eurotower, per spingerle a prestare all’economia, nella speranza di rilanciare la crescita. Draghi ha anche annunciato, dal prossimo ottobre, un programma di riacquisto del debito privato, con un «ampio portafoglio di obbligazioni garantite espresse in euro e emesse da istituzioni finanziarie della zona euro». L’obiettivo, anche qui, è di «liberare spazi nei bilanci delle banche, a patto che reinvestano».

Draghi si è mosso, perché la minaccia di deflazione si fa più concreta. C’è «un rischio al ribasso», ha sottolineato il presidente della Banca centrale europea, i dati del terzo trimestre di quest’anno indicano una perdita di «forza di slancio della crescita», di cui un indice drammatico resta «l’alta disoccupazione», che «frena la ripresa». Draghi preme quindi il bottone del ribasso dei tassi e dell’aumento indiretto di liquidità, continuando peraltro a incitare gli stati a «fare le riforme strutturali», che «devono chiaramente prendere slancio»: il quadro resta sempre lo stesso, perché il massimo margine di manovra degli stati è utilizzare «la flessibilità che già esiste nel Patto di stabilità». L’inflazione ad agosto, riportata su base annua, è caduta allo 0,3% (un anno fa era all’1,3%), il più basso livello dall’ottobre 2009, per l’undicesimo mese consecutivo sotto l’1%. Negli obiettivi della Bce c’è anche quello di mantenere l’inflazione intorno al 2%. L’euro si è così indebolito (1,3 rispetto al dollaro) e le Borse sono salite.

Il ribasso dei tassi e il ricorso ad acquisti Abs (Asset backed securities) non sono però stati decisi all’unanimità nel Board della Bce. L’opposizione resta forte nei paesi ortodossi, guidati dalla Germania.

Secondo le ultime indiscrezioni rivelate dal sito Euractiv, la Francia non avrebbe ottenuto il posto di commissario agli Affari economici e monetari per Pierre Moscovici. La Germania osteggiava questa scelta, perché non vuole al posto di controllore il rappresentante di uno stato che non rispetta i parametri del Fiscal Compact. Moscovici dovrebbe ottenere la Concorrenza, un altro posto importante, ma per Hollande, se questa scelta si conferma, sarebbe una nuova sconfitta di immagine. Tanto più che ora circola con insistenza il nome del falco finlandese Jyrki Katanien (che già occupa temporaneamente la carica al posto di Olli Rehn), un grande difensore del risanamento dei bilanci e della cura di austerità. Alla Germania, come previsto, andrà il Commercio estero: Berlino vuole avere il controllo di prima mano sul negoziato con gli Usa per il Ttip, il trattato battezzato la «Nato del commercio». La Gran Bretagna è accreditata per l’altro pezzo grosso del momento: l’Energia. La nuova Commissione sarà dominata dalla destra dei popolari, con 12 posti contro 8 ai socialdemocratici, anche se la vittoria degli affiliati al Ppe è stata risicata e con seggi in calo rispetto alla composizione dell’ultimo parlamento europeo. I liberali avranno 5 commissari (di cui 2 vice-presidenze). Per le vice-presidenze, oltre a mrs. Pesc Federica Mogherini, secondo l’ultima stesura provvisoria della nuova Commissione ci saranno un polacco Ppe al Bilancio, per l’Estonia ci sarà la crescita e il dialogo sociale (che dovrebbe andare al partito liberale), e i commissari di Lettonia, Slovenia e Olanda. La Spagna, che ha ottenuto grazie a Merkel la presidenza dell’Eurogruppo per Luis De Guindos, dovrebbe ottenere la Ricerca. La supervisione sulla delicata questione delle migrazioni potrebbe andare a un conservatore greco. Agli Affari interni e Giustizia dovrebbe venire confermata la svedese Cecilia Malmström.

Fanalino di coda, il Belgio, che non ha ancora ufficialmente presentato il proprio candidato/a, che dovrà accontentarsi del Multilinguismo.