I toni sono quelli un po’ minacciosi che da qualche tempo a questa parte, quando si parla di immigrati, i politici della Baviera usano nei confronti del nostro governo. «L’Italia viola chiaramente gli accordi di Schengen», ha detto ieri il governatore della Baviera Horst Seehofer che, in un’intervista alla Bild, è arrivato a ventilare misure che sembrano quasi una sospensione dell’accordo di Schengen. «Se la situazione non cambierà – ha detto infatti Seehofer – la Germania dovrà valutare seriamente la possibilità di fermare l’infrazione attraverso controlli alle frontiere».
Il riferimento del politico bavarese, che è un esponente di spicco della Csu e in passato ha ricoperto anche ruoli di governo, è a tutti quegli immigrati che dopo essere sbarcati nel nostro Paese anziché fermarsi proseguono verso il nord Europa, vera mèta del loro viaggio. E la Germania è tra i paesi maggiormente prescelti da quanti richiedono asilo. «I rifugiati che arrivano con il treno in Baviera vengono in gran parte dall’Italia passando per l’Austria» ha proseguito Seehofer, che in sostanza accusa le autorità italiane di chiudere gli occhi di fronte alle partenze dei migranti evitando di mettere in pratica i controlli previsti dai regolamenti europei. In particolare non identificandoli ed evitando di registrare le richieste di asilo cosa che, stando a quanto previsto dal regolamento di Dublino 3, impegna l’Italia a prendersi carico di loro, e i migranti a restare obbligatoriamente nel nostro Paese. Capita quindi spesso che i rifugiati si rifiutino di farsi identificare, in modo da poter poi partire. Una pratica che irrita i partner europei. «In Europa dobbiamo stabilire quote fisse per i rifugiati. E dobbiamo occuparci del fatto che in Europa i rifugiati vengano ripartiti in maniera giusta», ha concluso Seehofer.
Non si tratta di una polemica nuova per la Germania. Praticamente le stesse parole di Seehofer le ha dette lo scorso 22 agosto il ministro degli Interni della Baviera Joachim Herman, anche lui critico con l’Italia che ha accusato di non prendere velatamente le impronte digitali dei migranti «per permettere loro di chiedere asilo in un altro paese». Polemiche che arrivano proprio nel momento in cui, per la prima volta, in Germania si è aperta la discussione su una possibile revisione della politica di accoglienza, giudicata troppo aperta visti i tempi di crisi. L’idea, inedita per Berlino, è quella di mettere un tetto al numero dei richiedenti asilo in entrata. «E’ necessario aprire un dibattito su quanti rifugiati la Germania, anche come paese ricco, possa accogliere», ha detto il ministro degli Interni, Thomas de Meziere. Dalla sua de Meziere ha le cifre relative all’accoglienza: nel 2013, nella sola Germania sono state presentate il 30% delle 435mila richieste di asilo ai 27 Paesi dell’Unione europea, e per il 2014 se ne prevedono 200.000, 70 mila in più rispetto all’anno scorso. Le limitazioni dovrebbero riguardare per primi i cittadini del balcani occidentali, ma intanto è già stata rifiutata l’accoglienza ad alcuni profughi iracheni.
La proposta di mettere un tetto ai rifugiati ha inevitabilmente diviso la coalizione di governo, con la Spd fortemente critica verso de Meziere. «Non ritengo particolarmente felice l’idea. Non si tratta di numeri astratti, ma del destino concreto degli interessati», ha detto Yasmin Fahimi, segretaria generale della Spd. Mentre il vicepresidente del partito, Ralf Stegner, ha ironizzato sulla decisione di non concedere asilo politico agli iracheni ricordando come Berlino abbia appena detto sì alla richiesta di inviare armi nel nord dell’Iraq: «Armi sì ma rifugiati no. Questa non può essere la politica estera tedesca»,