Una giornata ad Atene, una data casuale e però non un giorno qualunque: proprio in queste ore Tsipras sta giocando a Bruxelles la partita forse decisiva del negoziato. I giornali non-greci che leggo sull’aereo che mi ha portato nella capitale greca offrono sull’argomento titoli di prima e gridano allarme. Ad Atene, sebbene di loro si tratti, i greci sembrano più tranquilli: per fatalismo? per abitudine? perché l’ora X di Grexit è stata suonata troppe volte e poi sempre rinviata, sicché vale la storia del bugiardo “al lupo al lupo”?

Difficile dirlo. In parlamento, sempre in queste stesse ore, c’è Varoufakis, solo, che spiega cosa succede. Ma non ci dice niente di nuovo. Sono qui per una conferenza – dialogo con Tassos Koronakis, il giovane segretario di Syriza, una delle quattro di un ciclo promosso dalla Fondazione Pulanzas, dal titolo originale: «La sinistra e l’Europa».

E però mentre noi discettiamo nel bellissimo salone del dipartimento architettura del Politecnico (e io sono assai contenta perché riscontro piena consonanza con Tassos su pregi difetti e speranze della nostra variegata costellazione politica) irrompe un branco di cosiddetti anarchici arrabbiatissimi. Sono solo una cinquantina ma molto aggressivi.

C’è una colluttazione sulla porta, poi alcuni e alcune riescono ad entrare e strappano a me e a Tassos i microfoni: non per parlare loro – che credo saremmo stati d’accordo nel concedergli la parola – ma per distruggerli. E perciò noi cerchiamo di difendere tenacemente i preziosi apparecchi. Mi gridano in faccia che sono fascista perché parlo con un fascista, il segretario di Syriza. Fascista perché vuole il “new deal”. Che naturalmente non è quello di Roosevelt che forse non sanno nemmeno cosa sia, ma un nuovo compromesso con l’Unione Europea. «Compromesso», qualsiasi compromesso o mediazione, è fascismo: punto e basta. E però contemporaneamente qualcuno grida anche che Syriza sta facendo cacciare la Grecia dall’Europa.

Non c’è da preoccuparsi, tranquillizzano i compagni, non è una protesta politica, solo un gruppo di balordi con un di troppo di droga in corpo. Così in effetti pare anche a me, è visibile. Il disagio sociale produce anche questo.

E così io e Tassos ricominciamo a parlare declamando qualche saggezza su Lenin e i suoi compromessi. Il pubblico in realtà da me vorrebbe che gli dicessi perché in Italia la sinistra non si unisce. Ma io non concedo risposte sull’argomento: sarei sicuramente di parte e comunque non convincente.

Certamente politico, invece, è quanto, sempre in contemporanea, sta svolgendosi nelle strade adiacenti al Politecnico, dove un furibondo Kke , il Pc un tempo detto dell’esterno (l’esterno essendo Mosca), sfila verso piazza Syntagma. È una folla considerevole, che chiede a gran voce aumento dei salari per tutti e subito e anche immediata concessione di tutto quanto si può chiedere.

Ma non è tutto quello che succede ad Atene questa sera 11 giugno, per fortuna: c’è anche la grande festa popolare, con concerto di musica greca e tanta folla assiepata e contenta, per salutare la riapertura oggi, a due anni esatti dall’incredibile decisione di chiusura del governo Samaras, della Radio televisione pubblica: la Ert. Un grande evento, sul quale, almeno su questo, non si è dovuto trattare con Bruxelles ma che, tuttavia, desta, anche questo, qualche polemica. C’è chi avrebbe voluto fosse dato più spazio all’esperienza del gruppo di giornalisti che, grazie al lavoro volontario, ha garantito in questi due anni almeno l’informazione radio. Mentre la destra grida naturalmente contro la dittatura televisiva governativa.

Terminata la densa giornata andiamo a cena in una piazza bella, popolare e affollata. Non perché la crisi non morda davvero, ma perché gli ateniesi come i romani le sere d’estate non rinunciano ad uscire. La piazza è intitolata a un vecchio compagno ormai scomparso, Avdi, nemmeno sindaco ma solo consigliere comunale, molto popolare a metà degli anni ’90. Era stato eletto dalla sinistra all’epoca unita in Sinapsismos, proveniente dal gruppo che, a suo tempo, si era staccato dal Partito comunista dell’interno per creare l’Akoa, la formazione «verde comunista» cui aveva dato vita Janis Banas, grande amico nostro (del Pdup e del manifesto).

A tavola ci sono i ragazzi della Fondazione, il loro capo Aris Golemi, c’è Tassos (che imprudentemente gira senza guardia del corpo alcuna), Tonia Tsovatis, che ripubblica sul settimanale del partito, Elefterotipia, un sacco di articoli che escono sul manifesto. E più tardi arriva «un compagno negoziatore». È giovanissimo, non ha ovviamente la cravatta e però ha anche una camicia a scacchi. Mi racconta molte cose interessanti. Dice che la trattativa va così per le lunghe anche perché, sebbene sempre minacciata, nessuno sa come si affronta l’uscita di un paese dalla Ue ; e dunque come comportarsi quando davvero esce. Vale a dire cosa diventa la Banca Centrale, per esempio, che certo non recupera sovranità vera ma non ha più nemmeno la tutela dell’unione; cosa si fa dei regolamenti ministeriali, in cui la Grecia è intricata per via della sua adesione dal 1981? E poi mi racconta quanto nessuno avesse previsto fino a che punto il liberismo fosse ormai “embedded” nelle procedure dell’Ue, autonome dalla stessa soggettività dei singoli presidenti i quali, ancorché potenti, si trovano tuttavia a dover agire entro uno spazio di manovra già delimitato dai meccanismi che loro stessi hanno inventato.

L’indomani, prima di ripartire, faccio ancora a tempo a pranzare con un ministro, perché è un vecchio amico. Aristidis Baltas, docente di filosofia all’Università di Atene, deve occuparsi dell’istruzione, della cultura, dello sport e delle religioni. Ha scoperto che proprio queste ultime gli danno i grattacapi maggiori: solo di chiese ortodosse ce ne sono quattro, le più grosse, una dipendente dal patriarcato di Istanbul, l’altra di Mosca; poi ci sono quelle musulmane, sunnite e sciite e all’interno di ciascuna delle affiliazioni a questo o a quel paese mediorientale. Infine ebrei e cattolici. Racconta di quello che sta imparando nel guardare le cose dalla sua nuova, e inusuale per gente come noi, collocazione di ministro, della complessità e rigidità della macchina statale, delle sue contraddizioni. (Invitato a una conferenza su Deleuze e Guattari, anziché limitarsi al saluto formale dei ministri in queste occasioni, ha parlato a lungo su «Il ministro e Guattari». Spero proprio di ottenere la registazione per pubblicarla sul manifesto!).

La cosa più importante è comunque che sta facendo, dal governo, la stessa battaglia che da noi si fa per le strade, quella che conducono insegnanti e studenti contro la riforma Renzi-Giannini. E cioè contro quelli che inseguono il feticcio modernista della selezione meritocratica, dell’eccellenza per pochi, propria al modello anglosassone; contro una scuola gestita da un manager come se fosse un’impresa.

La mattina dopo i giornali greci davano – della giornata precedente – la seguente interpretazione: TaNea (establishment centrista, tranquilizzante): «Speranza per una soluzione. Un test per Tsipras». Poi, sempre in prima: «Cosa Fukuyama scrive sulla Grecia». Ma anche una buona notizia: «I servizi segreti greci tronano sotto il controllo del Ministero per l’0rdine Pubblico e la protezione dei cittadini». Efmerida (centrosinistra autogestito da una coop di giornalisti): apertura sul fisco, «Il Parlamento cancellerà le misure ingiuste. Il voto lunedì». Etnos (indipendente): «Una mina sul negoziato da parte del Fmi». Katamerini, (destra): «Le istituzioni chiedono ad Atene un orientamento più realistico». «Tusk: abbiamo bisogno di decisioni, non di negoziati». Grande foto di Varoufakis in Parlamento, solo sui banchi del governo. Didascalia: «Solitudine». Ritzospazis (quotidiano del Kke): immensa foto dello striscione che è stato srotolato dalle finestre del ministero dell’economia occupato durante la manifestazione con la scritta «Prendi nelle tue mani la trattativa, blocca il nuovo memorandum». Afgy (quotidiano di Syriza): grande foto della folla alla festa per la riapertura della Ert. Titolo: «Torna la democrazia dell’informazione, la tv del popolo».

Se per sapere come i greci reagiscono a quanto succede credete ai sondaggi questi sono gli ultimissimi. Cosa provi di fronte all’eventualità di una Grexit? Risposte del 13 maggio e del 6 giugno: paura 50,5/51,5, speranza 13/16, non ci sarà mai 8,5/4,5. Intenzioni di voto al 6 giugno: Syriza 34,5, Nuova Democrazia 16,5, Alba Dorata 5,5, Potami 5,5, Kke 5, Pasok 3,5, Anea 3. Se dovessero suggerire ai partiti cosa fare il 55% consiglierebbe alla destra di lasciar perdere Nuova Democrazia e rifarsi un altro partito. Al centro sinistra invece: il 39% di fare una nuova coalizione di centro sinistra, il 30% di sciogliere tutti i partiti e fare due sole coalizioni, a sinistra con Syriza, a destra con Nuova Democrazia.

Alexis Tsipras resta comunque più popolare che mai. Nonostante la sua così difficile posizione il 6 di giugno era fra il 68 e il 70%.