La crisi del gas prima e quella del grano poi hanno posto al centro dell’attenzione geopolitica il Nord Africa ed il Medio Oriente. L’Algeria è un gigante africano che si allunga dallo sterminato Sahara fino ad adagiarsi sulla costa sud del Mediterraneo e il suo ruolo ogni giorno diventa più importante. La Repubblica Popolare di Algeria ha una storia travagliata e ha dovuto combattere per liberarsi dal giogo coloniale francese che non aveva nessuna intenzione di mollare una terra che considerava sua.

OGGI LA SUA CAPITALE mantiene quel fascino decadente, tipico di chi ha un recente passato coloniale, e comunica, sia nei vicoli della casbah che negli ampi viali che diradano verso il mare, un senso di sapere antico e profondo. La parte bassa è quella scelta da Parigi per amministrare l’Algeria, mentre la parte più antica della casbah è sempre rimasta in mano agli algerini che ne hanno fatto la loro vera capitale.
Un paese affascinante, ma che non ha nessuna vocazione turistica e che tiene la sua storia ed i suoi tesori gelosamente nascosti. La ricchezza dell’Algeria sono però gli enormi giacimenti di gas che producono circa 130 miliardi di metri cubi di gas ogni anno e dispongono di due impianti di liquefazione con una capacità annua di 30 miliardi di metri cubi. I gasdotti sono però già un problema per il Paese maghrebino che ha chiuso quello che passava dal Marocco per il riacutizzarsi di una guerra a bassa intensità con Rabat che dura ormai da anni per la questione del Sahara occidentale.

L’Europa è sempre stata il cliente privilegiato di Algeri che vanta contratti di lunga data, soprattutto con la Francia. Parigi ha mantenuto, anche se con qualche alto e basso, un rapporto privilegiato con la propria ex colonia e questo dà alla Francia una certa sicurezza energetica. Anche l’Italia fin dagli anni ’60, sotto la direzione di Enrico Mattei, è presente in Algeria ed Eni è un colosso molto rispettato su questa sponda del Mediterraneo.

PIÙ COMPLICATA la situazione della Spagna che, dopo il riconoscimento delle ambizioni del Marocco nel Sahara occidentale, ha visto l’interruzione del Trattato di Amicizia e Buon Vicinato attivo da oltre 20 anni, ma che, per il momento, non prevede l’interruzione della produzione energetica. Tutti i leader europei in queste settimane si stanno recando ad Algeri dal Presidente Abdelmadjid Tebboune per consolidare ed aumentare la fornitura di gas, ma molti analisti dubitano della possibilità che il gas algerino possa sostituire totalmente quello russo. Soprattutto perché proprio la settimana dopo che Mario Draghi era stato in visita ufficiale, ad Algeri è arrivato il Ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov che con il presidente algerino ha festeggiato 60 anni di amicizia lodando la posizione internazionale dell’Algeria e firmando un accordo di cooperazione fra la compagnia algerina Sonatrach e la russa Gazprom. Un’azione che ha subito allarmato l’Unione europea che teme una controffensiva diplomatica della Russia in un Paese chiave.

Mohcine Belabbas è un uomo politico di lungo corso, deputato, fondatore e presidente uscente del Raggruppamento per la Cultura e la Democrazia e soprattutto fiero oppositore del regime di Tebboune. «L’Algeria – dice – è un Paese che vive di esportazioni, ovviamente soprattutto gas, ma la nostra economia versa in una gravissima crisi. La corruzione è dilagante in ogni settore, i salari troppo bassi e la nostra moneta perde continuamente potere d’acquisto».

IL PARTITO DI BELABBAS ha boicottato le elezioni, accusando il Presidente Tebboune di essere stato eletto da un numero molto basso di elettori. «A Tebboune manca la legittimità di un voto veramente democratico, manca la capacità di aprire un dialogo con le opposizioni e quella di costruire qualcosa per un Paese che naviga a vista. Qui viviamo tutti controllati e anche io sono stato sotto stretto controllo della polizia, la libertà di espressione, stampa e associazioni come il Movimento Hirak sono state soffocate da questa amministrazione». Belabbas critica il governo per la gestione interna, ma anche per la sua politica internazionale. «Questo rapporto morboso con la Francia non ha più ragione di esistere, non è nell’interesse del popolo algerino. Io credo che sia giunto il momento di guardarci intorno e fare affari con tutti i paesi del Mediterraneo e giocare lì un ruolo attivo e costruttivo».

PARLANDO DI POLITICA internazionale il tema scivola sulla Russia. «Con la Russia i rapporti sono antichi e solidi. Già dai tempi della lotta per la liberazione l’Unione Sovietica ha appoggiato l’Algeria e oggi questa relazione resta molto solida. Io personalmente condanno l’invasione dell’Ucraina, ma credo che l’unica via sia quella diplomatica e non l’isolamento internazionale». Anche i rapporti con il Marocco sono un tema caldo ad Algeri. «Quella con il Marocco non è una questione che riguarda soltanto l’Algeria, è un problema internazionale. L’amministrazione Trump ha appoggiato le rivendicazioni marocchine sul Sahara occidentale in cambio del riconoscimento di Israele da parte di Rabat e questo ha scatenato la giusta reazione dell’Algeria che ha trovato un solido alleato proprio in Mosca».

UN ALTRO TEMA caldo è la crisi del grano che ha messo in difficoltà molti degli stati vicini. «L’Algeria, a differenza di Tunisia ed Egitto, non dipende esclusivamente da Russia ed Ucraina perché ha diversificato le fonti di approvvigionamento comprando cereali anche da Canada e Francia e questo ha evitato di affamare il nostro popolo». Ma sono i diritti umani e la libertà oggi il vero problema in Algeria e ce lo racconta il paladino dei diritti umani Zakaria Hannache, che ha pagato personalmente la sua voglia di libertà: «A febbraio sono stato arrestato con accuse gravissime come minare l’integrità dello stato, propagandare notizie false e appoggiare il terrorismo, quando la mia unica colpa è quella di denunciare la repressione e chiedere la libertà per i nostri detenuti d’opinione. L’Algeria è oggi uno stato di polizia, lontano dal popolo, che reprime ogni forma di dissenso».

HANNACHE ci riporta al 2019, quando il Movimento Hirak sembrava poter cambiare volto al suo Paese. «Con Hirak il popolo algerino ha reclamato la sua libertà, ha chiesto democrazia, ma oggi abbiamo fatto molti passi indietro. La repressione è l’unico metodo che conoscono, controllano i social, seguano avvocati, giornalisti, liberi cittadini, qui nessuno ha libertà di espressione o di parola. Non riusciamo più ad organizzare manifestazioni per questo controllo feroce. E pensare che il popolo ha dimostrato più volte di essere dalla nostra parte».
I giudizi del giovane attivista sono duri e diretti e fotografano una situazione allarmante. «Questa presidenza non dialoga con l’opposizione, né con la società civile, sa soltanto reprimere. Boicottare le elezioni è inutile, anzi facilita il controllo dei voti. L’Algeria è uno stato prigioniero e la comunità internazionale deve capire che non può continuare a fare finta di nulla. Il nostro popolo merita subito libertà e democrazia».