Sono passati quasi due anni dalle manifestazioni del «lunedì nero» ma la sigla femminista polacca Osk (Ogolnopolski Strajk Kobiet, che significa Sciopero nazionale delle donne) continua a svolgere un ruolo di primo piano nelle proteste sulla tutela del diritto all’aborto.

Una legge di iniziativa popolare, che mira a mettere fuori legge l’aborto anche in caso di malformazioni del feto, passerà al vaglio della Commissione per la famiglia e gli affari sociali del Sejm, la camera bassa del parlamento polacco, la prossima settimana.

Lo scorso mese migliaia di cittadini sono scesi in strada per dire «nie» all’introduzione del nuovo provvedimento che limita ulteriormente la possibilità di ricorrere all’interruzione di gravidanza.

Intanto il governo della destra populista di Diritto e giustizia (PiS) ha chiesto al Tribunale costituzionale di esprimersi sulla legittimità dell’attuale normativa.

In questo modo il PiS potrebbe aggirare l’iter parlamentare e modificare la legge sulla base della sentenza della corte in cui la maggioranza dei suoi 15 membri è entrata in carica durante il governo del PiS. Per l’Osk cambia poco, la sigla si dichiara pronta ad organizzare altre proteste nere, anzi, nerissime dopo il Black Friday di fine aprile. Abbiamo incontrato Natalia Pancewicz coordinatrice di Osk.

Quante persone hanno preso parte alle manifestazioni del «venerdì nero»?

Circa 90.000 persone hanno marciato a Varsavia e 30.000 negli altri centri del paese. Si sono registrate proteste in almeno 30 città polacche. A Gryfice, una cittadina nel nord-ovest della Polonia, c’è stata una donna coraggiosa che ha trovato la forza di scendere in piazza da sola.

Siete ancora piene di energia dopo le proteste di venerdì?

Le energie non ci mancano. Le coordinatrici della rete Osk hanno preso la parola in tutte le manifestazioni messe in piedi la settimana scorsa. A Varsavia è stata la leader della protesta Marta Lempart a parlare alla folla. Abbiamo ricevuto anche il sostegno di altre sigle quali Akcja Demokracja e il Comitato studentesco antifascista.

Come è nato l’Osk?

Lo «Sciopero nazionale delle donne» è una sigla nata dopo un intervento di Lempart il 25 settembre 2016 nel corso di una manifestazione a Breslavia contro l’introduzione del divieto totale di aborto. Poi c’è stato il Black Monday del 3 ottobre dello stesso anno che ha visto manifestazioni in almeno 150 città. La pressione popolare ha avuto i suoi effetti e il Sejm ha fatto retromarcia sul provvedimento. Siamo tra le fondatrici dell’International Women’s Strike. Abbiamo protestato contro la riforma della giustizia e continuiamo a svolgere azioni di disturbo nelle marce organizzate dai gruppi neonazisti e neofascisti. Ci siamo anche occupate di una raccolta di firme per presentare la legge «Save the Women», finalizzata a liberalizzare la legislazione sulle interruzioni volontarie di gravidanza nel nostro paese.

Cosa fanno le donne polacche quando la legge non gli consente di abortire?

Restano due opzioni: quella dell’aborto clandestino nel nostro paese oppure l’intervento legale all’estero, di solito in Germania, Repubblica Ceca o Slovacchia e con un costo medio che si aggira intorno ai 1.000 euro. Ne consegue che il diritto ad abortire dipende dalla risorse economiche. Con il PiS al governo la situazione è peggiorata. Di recente la procura generale ha inviato una nota in tutti i suoi uffici in cui si invita a perseguire i soggetti che aiutano le donne a svolgere l’intervento oltreconfine. Questo testo si basa su una raccomandazione di Ordo Iuris, un’organizzazione oscurantista collegata alla rete cattolica radicale Tradizione, Famiglia e Proprietà (Tfp). Per non parlare poi delle perquisizioni dei servizi postali in cerca di farmaci anticoncezionali provenienti dall’estero e venduti su internet. Nei centri piccoli e medi tutto è ancora più complicato: anche se le donne possono permettersi le cure mediche, si riscontra una carenza di medici disposti a praticare l’intervento.

Che eco ha avuto in Polonia il movimento #MeToo?

Purtroppo è finito tutto ancora prima di iniziare, gli autori di abusi sono spesso parte dell’establishment cittadino. Le vittime sono state coperte di vergogna e le loro testimonianze non sono state ritenute credibili. E mancato il sostegno da parte di alcune femministe di spicco.

Quali le differenze tra le proteste di due anni fa rispetto a quelle di venerdì scorso?

Questa volta le proteste hanno preso di mira non solo i politici ma anche la Chiesa polacca che mai come nell’ultimo periodo è intervenuta contro l’aborto. Nella domenica che ha preceduto il Black Friday la nostra rete si è riunita di fronte alle diocesi e alle arcidiocesi di tutto il paese. Ma questa volta le forze dell’ordine non hanno chiuso un occhio come fanno di solito durante le marce organizzate dai neonazisti. Durante una delle nostre marce, sempre nella capitale, due donne, di cui una incinta, sono state trascinate via dalla polizia. Abbiamo lasciato intendere che eravamo disposte a proseguire il corteo soltanto in caso di rilascio delle due manifestanti, cosa avvenuta solo dopo l’intervento sul posto di una deputata.

Quali le prossime mosse che avete in programma?

Se l’iter della legge di iniziativa popolare dovesse andare avanti alle camere, siamo pronte a riprendere le nostre proteste, la mappa della Polonia sarà di nuovo nera.