«È venuto a trovarmi Oscar Camps, il fondatore di Open Arms. Bello scambio di idee. Tante preoccupazioni e anche qualche elemento di speranza». Ad accompagnare il tweet, Enrico Letta ha postato una sua foto accanto a Camps e con indosso la felpa di Open Arms. La stessa foto che Matteo Salvini ha rilanciato perché, ha scritto, «non ho parole». Ma per meglio esporre il segretario del Pd alla canea dei suoi follower, il capo leghista ha anche aggiunto: «Sabato vado a processo per uno (degli innumerevoli) sbarchi organizzati dagli spagnoli di Open Arms e oggi il Pd riceve questi signori con tutti gli onori». Poco dopo l’attacco a Letta è arrivato direttamente da un leghista del governo, il sottosegretario all’interno Molteni secondo il quale la foto con Camps «non è opportuna né coerente con gli interessi del nostro paese».
Inevitabile la reazione di diversi esponenti del Pd in difesa del segretario. E così quella di ieri è stata un’altra giornata ad alta tensione tra i due partiti, avversari politici che però sono alleati nel sostegno al governo Draghi. Conferma che la strategia convergente di Letta e Salvini è quella di accompagnare la imprevedibile collaborazione nell’esecutivo con un «basso continuo» di litigi su ogni argomento. Cercando di preservare con questa modalità polemica l’identità che la grande coalizione tecnico-politica mette pesantemente in discussione. Il rischio che questa insistita litigiosità sia alla lunga non sostenibile è ben presente al presidente del Consiglio, che infatti nella giornata di ieri ha ripetuto i suoi inviti alla calma. Lo ha fatto con la Lega anche nel corso dell’incontro serale dedicato al Piano nazionale di ripresa e resilienza, sentendosi però rispondere che «attacchi, insulti e provocazioni vengono quotidianamente da segretario, ministri e dirigenti del Pd».

La preoccupazione di «difendere la nostra identità» sarebbe appunto al primo posto delle preoccupazioni dei militanti del partito democratico, secondo i risultati della consultazione nei circoli lanciata da Letta con un «vademecum» immediatamente dopo la sua elezione a segretario. Più esattamente il 42% dei quasi 40mila iscritti che hanno partecipato al sondaggio interno si è detto favorevole al «sostegno al governo Draghi ma difendendo la nostra identità». Conferme di queste preoccupazioni anche dalla lista delle «priorità» indicate dai tesserati Pd. Al primo posto con il 18,1% delle scelte «i diritti dei lavoratori». A seguire «Next generation Eu» e «partecipazione». Molto importante per i militanti la formazione politica dei giovani (70%) mentre non sfonda il consenso (25%) per la proposta del segretario di allargare il voto politico ai sedicenni.

Sul capitolo al quale Letta tiene molto della cosiddetta «democrazia malata» prevedibilmente la base dem chiede «candidati scelti in modo trasparente» e conseguentemente «no alle liste bloccate» (15%) mentre solo il 13% indica la preferenza per una legge elettorale maggioritaria. Quella (come il Mattarellum) che preferisce Letta, al quale certamente piacerà anche la scelta del 21% degli iscritti per «un centrosinistra modello Ulivo». Da mettere insieme con i 5 Stelle, secondo il 20%. E a proposito di questo, il segretario incontrando i sindaci del suo partito ha raccomandato la strada delle primarie come «via maestra» per selezionare le candidature alle amministrative dell’autunno. Ma poi ha chiarito che «sono uno strumento flessibile» da usare dove si può.