«La mia barca, la mia Blå, regalo di mamma, le sue braccia tese, il regalo che io non sono riuscita a non accettare, l’unico regalo che mi ha fatto che io avessi davvero desiderato. A differenza di lei, la Blå non mi ha mai tradito». Signe ha 70 anni mentre rammenta il significato di quella che per lei è stata una casa e su cui ancora attraversa il blu dell’oceano. Blå è il titolo dell’ultimo romanzo di Maja Lunde, scrittrice norvegese che con questo nuovo libro, La storia dell’acqua, tradotto da Giovanna Paterniti e pubblicato per Marsilio (pp. 346, euro 18), compone la seconda tappa di una tetralogia sui cambiamenti climatici. L’impresa editoriale, poderosa per numero di pagine e struttura narrativa, comincia poco più di due anni fa quando esordisce con La storia delle api (anch’esso tradotto in Italia per la casa editrice veneziana). Maja Lunde riceve da subito un grande interesse da parte della critica e un importante credito tra lettrici e lettori.
«Tutto ha avuto inizio con una immagine – racconta Maja Lunde di recente ospite al Festivaletteratura di Mantova -. La prima è stata quella di un giovane rifugiato in un campo profughi in un’Europa del futuro dilaniata che per caso trova una barca. La seconda immagine è stata di una donna che vive accanto a una cascata con un ghiacciaio. Ed è piena di rabbia. Non sapevo niente altro. Preoccupandomi della loro sorte ho immaginato cosa poteva accadere, come potevo proseguire. Non avevo ancora chiaro come i due personaggi potessero essere legati dalla stessa storia, poi l’illuminazione: l’elemento comune era l’acqua».
Questa dei profughi di una Europa futura irrimediabilmente ferita è una provocazione o ha voluto farne un punto politico?
L’umanità si è sempre spostata. Non definisco i miei libri politici, non li definisco affatto, lascio sia chi legge a farlo. Si possono sicuramente leggere in chiave politica, come una cli-fi, come una narrazione, come una storia d’amore o una sul conflitto di classe. Quando tuttavia ho cominciato a capire che avrei cominciato a parlare di profughi climatici in Francia ho pensato che non poteva che andare a toccare la situazione attuale che stiamo vivendo. E di come noi ci consideriamo invulnerabili. Non dimentichiamo che ciò potrebbe accadere anche a noi, cioè di diventare profughi, di andare raminghi alla ricerca di qualche risorsa vitale che si è esaurita (a causa nostra). Potrebbe accadere molto prima di quanto immaginiamo. È una fotografia della condizione umana.

Come per il suo precedente, anche questo volume ha comportato lo studio di fonti diverse ed esperienze dirette?
Ho fatto molte ricerche anche questa volta e ho dovuto studiare. In particolare non sapevo niente dell’energia idroelettrica per cui ho incontrato alcuni esperti nella materia. Ho letto numerosi testi (sono riportati in appendice al volume, ndr). Ho poi visitato tre campi profughi in Grecia, ho incontrato tante persone che vi stavano. Ho parlato con molti di loro ed è stato fondamentale per descrivere la parte del libro relativa al campo profughi. Per quanto riguarda invece gli inserti sulla navigazione, si tratta ugualmente di una questione esperienziale; mio padre possedeva una barca come quella che descrivo nel Libro dell’acqua. Ogni estate salpavamo, sapevo tutto, e quando avevo 17 anni ho trascorso un intero anno in una barca scolastica; era un’opzione dell’ultimo anno di liceo, si poteva imparare tutto ciò che era relativo alla navigazione, a come si mantiene una barca ma anche a come e cosa si può fare una volta in mare. Siamo arrivati fino a Madeira.

Anche le scene in cui descrive con perizia le avventure di Signe, quando cerca di assicurarsi della condizione del ghiacciaio, sono a lei famigliari?
Tutte le scene in cui Signe si trova in mare sono frutto della mia esperienza. Mi sono trovata anche io diverse volte a fronteggiare una tempesta. Ho fatto le stesse cose che ha fatto lei su una barca. A tredici anni ho attraversato la Manica. E come Signe, ho visto una balena, era tutto silenzioso intorno e sotto il pelo dell’acqua.

Il disastro climatico è raccontato all’interno di una complessità famigliare. Di relazioni, di padri inadeguati, di donne che combattono per un ideale e che al contempo lottano e resistono. È così?
I miei libri non cominciano con l’intenzione di lanciare un messaggio, cominciano invece con delle persone di cui voglio comprendere l’ossatura, di entrare nelle loro vite e nelle loro teste. È un lavoro di attraversamento che converge con le mie ansie personali, che le tocca inevitabilmente perché si mischiano con la mia esperienza, con i miei pensieri. In questo senso ho per esempio molti timori, li avevo quando ho scritto Il libro delle api, la loro estinzione riguardava una mia personale preoccupazione. Ma la mia esperienza non si intreccia solo con il tema portante dei romanzi, bensì anche con alcune forme delle relazioni – soprattutto tra genitori e figli – che, anche qui di necessità, raccontano di me. In Norvegia abbiamo il detto «Scrivi dove ti brucia». E questo argomento mi brucia e trafigge, molto. Il tema del rapporto tra genitori e figli è connesso con il futuro, con la paura di sbagliare, di non sapere cosa sia meglio augurarsi.

Estinzioni e risorse che scarseggiano. Prima le api, ora l’acqua, ha già un progetto compiuto della tetralogia?
Ho cominciato il terzo romanzo, spero di avere la prima bozza pronta per la fine di ottobre. Il soggetto questa volta sarà relativo alla estinzione degli animali. Si svolge in tre tempi, in Russia nel 1881, in Mongolia nel 1992, in Norvegia nel 2064. In questo terzo volume rivedremo dei personaggi presenti anche in La storia dell’acqua, l’intersecarsi della tetralogia sarà più visibile. Il quarto libro avrà invece luogo dopo La storia delle api, riprenderà alcuni dei paesaggi presenti nel mio primo romanzo. Nel quarto libro tenterò di tirare le fila di tutta la tetralogia e come tema avrà tutto ciò che cresce, piante, semi e tanto altro.

Lei crede dunque che vi possa essere un domani generativo; lo sono in fondo anche i suoi volumi che prevedono una precisa scansione temporale che taglia dal passato al futuro…
È tutto connesso, non solo la trama dei miei libri ma anche i personaggi arrivano al mondo e alle pagine scritte come parzialità di un più grande quadro. Tuttavia, ogni libro gode di autonomia quindi può essere letto singolarmente. I primi tre hanno la cifra dell’estinzione, a causa di qualcosa che abbiamo consumato, per ingordigia e miopia. Il quarto è invece più in forma di augurio. Rispecchia la mia personalità che vive in una ambivalenza: sono pessimista a giorni alterni, e negli altri ottimista.