Aleppo e Homs restano il cuore del conflitto siriano, passate ad un mese dalle elezioni da roccaforti delle opposizioni a teatro dell’avanzata del regime di Bashar al-Assad. Ieri, mentre l’albergo usato ad Aleppo dall’esercito di Damasco come caserma saltava in aria, sventrato dalle bombe dei ribelli, Homs assisteva al definitivo ritiro dei miliziani anti-Assad. L’attacco all’hotel Carlton Citadel, in piena Città Vecchia, è stato già rivendicato dal Fronte Islamico, formazione jihadista sorta negli ultimi mesi tra i ranghi delle opposizioni islamiste. I ribelli hanno scavato un tunnel di 400 metri lungo l’albergo: almeno 14 le vittime tra i soldati, numerosi gli edifici vicini danneggiati dall’esplosione.

Un’esplosione dal forte significato simbolico: nonostante la città sia ormai sotto il controllo quasi totale del regime, le opposizioni sono ancora in grado di penetrare nelle falle della difesa di Assad. Altrettanto simbolica (ma soprattutto fondamentale sul piano strategico) la bandiera issata ieri dall’esercito del presidente a Homs, fino a poco tempo fa roccaforte dei ribelli e oggi quasi del tutto ripulita dalla presenza del laico Esercito Libero Siriano e del Fronte al-Nusra. Ieri anche questi ultimi hanno ceduto e accettato l’accordo con il regime: abbandonare le armi e lasciare la città, in cambio della vita. 1.200 miliziani, a bordo di bus fatiscenti, hanno lasciato quella che i media occidentali avevano prontamente definito la “capitale della rivoluzione”. Una città fantasma: pochissime le famiglie ancora residenti ad Homs, distrutta da scontri e bombardamenti quasi quotidiani. Ora – annuncia il governatore Barazi – è tempo di ricostruire.

Per i ribelli la caduta di Homs è una sconfitta pesantissima, per Assad il migliore sponsor pre-elettorale: il regime ha saputo riassumere il controllo di gran parte del corridoio che collega Damasco alle città costiere. E se Washington prosegue con l’incondizionato appoggio (finanziario e diplomatico) ad una Coalizione Nazionale senza più una reale presenza sul terreno, l’Ovest della Siria assiste ad un conflitto interno senza precedenti tra le formazioni qaediste. A brindare è solo Assad.