In soli tre giorni Dolce e Gabbana sono stati capaci di attraversare un secolo di storia cinese e più in generale un secolo di rapporti tra Cina e Occidente. Con i tre spot pubblicitari i due sono riusciti a filmare tutti i preconcetti che abbiamo nei confronti della Cina.

Un sentimento di superiorità secondo il quale gli orientali non solo devono imparare a comportarsi, ma devono anche imparare il nostro (di D&G a dire il vero) senso dell’umorismo.

A questo si aggiunge il sessismo tutto nostrano e indipendente da Pechino. Con i messaggi su Instagram hanno poi ricordato il periodo nel quale nei parchi della Shanghai occupata dalle potenze straniere, «i cinesi non potevano entrare». A queste due rimembranze di tempi disdicevoli per la grande Cina, i cinesi hanno risposto in modo nazionalistico, inneggiando alla «patria» – parola presente in quasi tutti i messaggi di insulti al brand di moda, all’Italia e agli italiani.

E infine la pubblica abiura, le scuse con un video alla Cina, mica alle donne. Si dirà che girano una marea di soldi e tanto valeva prestarsi come un novello «elemento borghese» in preda alle guardie rosse e a rendere scuse ai tanti portafogli cinesi pronti a fare grande D&G in Cina. Non sono né i primi né gli ultimi. Con il loro video hanno fatto quanto i cinesi chiedevano, quando erano al centro del mondo, ai «barbari»: un profondo inchino.