Con gli occhi puntati al vertice Ue di lunedì i greci e i media locali si chiedono ancora una volta se sarà possibile un accordo tra Atene e i suoi creditori, come vorrebbero Tsipras e Merkel; oppure – ci si chiede – se il tempo è davvero scaduto, se la rottura del negoziato è inevitabile e l’eventuale uscita della Grecia dall’eurozona un dato ormai imminente.

Nelle prossime 48 ore nessuno potrebbe essere in grado di rispondere, ma dietro l’immobilismo apparente, le pressioni, i ricatti ormai aperti dei creditori e i soliti scenari catastrofici e il pessimismo di alcuni media, è giunto un segnale positivo per evitare il peggio. Nella riunione dei ministri delle finanze in Lussemburgo si sapeva che non ci sarebbe stato un accordo. Inutile quindi usare toni drammatici puntando il dito ancora una volta su Atene.

Il fatto, invece, che il presidente del consiglio europeo, Donald Tusk abbia indetto un summit straordinario per lunedì prossimo, potrebbe significare che c’è la volontà di arrivare ad un compromesso.

Il capo del Fmi, Christine Lagarde ha escluso un possibile rinvio del rimborso di 1,6 miliardi di euro in scadenza a fine mese, aggiungendo che se Atene non paga, la Grecia andrà in default; il presidente dell’Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem ha ricordato che dal 1° luglio i fondi riservati alla Grecia non saranno più disponibili, ma a sentire il ministro delle finanze finlandese Alexander Stubb, vicino alle posizioni di Berlino, potrebbe esserci un prolungamento di pochi mesi dell’attuale «programma di salvataggio» di Atene. Un altro segnale positivo è giunto ieri dall’Eurotower.

L’esecutivo della Bce ha deciso di innalzare il tetto di liquidità di emergenza (Ela) per le banche elleniche, senza precisare l’aumento, come hanno notato fonti della banca di Grecia (BdG). Ieri inoltre c’è stato un incontro tra il presidente della BdG, Yannis Stournaras e il viceministro degli esteri, Euklid Tsakalotos, capo della squadra negoziale greca al termine del quale è stato detto con chiarezza che «non c’è alcun rischio per gli istituti di credito ellenici. Il sistema bancario greco è forte e i depositi dei clienti sono garantiti».

L’incontro è avvenuto in un momento assai critico nei rapporti tra il capo della BdG e il governo greco, dopo che Stournaras, ex ministro delle finanze durante il governo di coalizione tra conservatori e socialisti, ha avvertito mercoledì scorso che il mancato raggiungimento di un accordo si potrebbe tradurre in un default e con conseguente uscita della Grecia non solo dall’euro, ma – molto probabilmente – anche dall’Unione europea.

Le sue valutazioni hanno provocato una marea di reazioni forti negli ambienti di governo, perché Stournaras ha deciso di anticipare la pubblicazione del suo rapporto, proprio nel momento in cui le trattative con i creditori erano in un momento assai critico e ha fatto delle considerazioni politiche che «non dovrebbe fare il rappresentante di una autorità indipendente». Il presidente del Parlamento, Zoi Konstantopoulou, ha addirittura rigettato il rapporto Stournaras, definendolo «inammissibile», provocando così ulteriori polemiche.

L’incontro tra i due era poi necessario per far calmare i piccoli risparmiatori che continuano a ritirare i loro depositi bancari per il timore di un default, perché si è sparsa la voce che ci sarà un controllo al flusso dei capitali come avvenne a Cipro nel 2013. Voci che potrebbero rispecchiare anche eventuali scelte, se si tiene conto di quanto detto durante l’eurogruppo da Benoit Coeuré, membro dell’esecutivo della Bce, ovvero che le banche greche potrebbero non aprire lunedì. Tra giovedì e venerdì sono stati ritirati dagli sportelli bancari 2 miliardi di euro, mentre tra lunedì e mercoledì erano stati prelevati altri 2 miliardi.

A sentire dirigenti degli istituti di credito «il ritiro fino ai 250- 300 milioni di euro al giorno per un breve periodo può essere gestito, ma se continua la situazione può diventare ad alto rischio».

La «Piattaforma di sinistra», invece, la componente radicale di Syriza sottolinea al suo sito Iskra che l’eventuale Grexit «non avrà delle ripercussioni negative ai depositi bancari. Al contrario saranno assolutamente custoditi come capitale nazionale».

In effetti, un numero sempre maggiore di dirigenti del Syriza – e non soltanto della Piattaforma di sinistra- parla di Grexit, ipotesi che secondo Yanis Varoufakis si è «pericolosamente vicini ad accettare» dal momento che i creditori rifiutano -come ha detto dopo la riunione dell’eurogruppo- di accettare il pacchetto di riforme proposto da Atene, considerandolo non coerente e poco attendibile.

A quanto pare proposte «misurabili, attuabili e credibili» sarebbero soltanto quelle che fanno parte della strategia dei creditori.

Nel vertice di lunedì prossimo punto centrale per un compromesso storico sarà sicuramente la questione della ristrutturazione del debito greco. Varoufakis ha proposto ai suoi omologhi la soluzione che prevede uno swap di titoli tra Bce e Esm, ma è un’idea che potrebbero valutare soltanto i capi di Stato. Secondo fonti a Bruxelles la Commissione Ue e la Bce starebbero già lavorando alla bozza di un possibile comunicato per la ristrutturazione del debito se il premier greco accetta l’accordo con i creditori.