Per più di un mese è rimasta ferma in porto a Marsiglia per essere adeguata alle nuove esigenze: ricavare spazi più ampi per riuscire a imbarcare più cibo e carburante. Una necessità resa inderogabile dalla decisione del ministro degli Interni Matteo Salvini di chiudere i porti italiani alle navi che soccorrono i migranti nel Mediterraneo costringendole così a lunghi viaggi per poter approdare in un luogo sicuro. Adesso, però, la nave Aquarius della ong francese Sos Mediterranée – costretta l’11 giugno scorso proprio da Salvini a raggiungere la Spagna per sbarcare 629 uomini, donne e bambini in Spagna, è pronta per tornare al proprio lavoro. Su un punto, però, l’ong ha voluto subito mettere le cose in chiaro: «Noi non li riporteremo i migranti i Libia,. un paese che non è riconosciuto come un porto sicuro», ha segato il coordinatore dei salvataggio Nicola Stalla. Precisazione che ha provocato u avvertimento da parte del ministro dei trasporti Danilo Toninelli: «Nel rispetto del diritto internazionale la guardia costiera opera e il Sar libico esiste, è loro competenza. Chi lo fa deve eseguire gli ordii di chi detiene il comando. La legge vale per tutti».

Facile immaginare che casi come quello della Aquarius, e dopo questa della Open Arms, continueranno a vedersi. Per garantire la massima trasparenza nelle operazioni di salvataggio, la Aquarius aggiornerà on line e in diretta il suo diario di bordo. «Permetteremo a tutti di seguire quanto accade attraverso al piattaforma», ha proseguito Stalla. «Sarà completamente accessibile al sito www.onboard-aquarius.org e verrà aggiornato in presa diretta».

Per quanto importanti, i salvataggio saranno comunque una parte del lavoro della Aquarius. «Non basta mettere a rischio le nostre vite e la nostra integrità fisica, perché a volte i salvataggi sono complicati» spiega Nicola Porro, uno dei soccorritori di Sos Mediterranée. «Oltre al corpo ci mettiamo la faccia organizzando manifestazioni, eventi, andando nelle scuole e nelle piazze per restituire parte della realtà di cui siamo testimoni, perché in questo momenti di sta verificando un meccanismo di paura contro l’aiuto, ed è un meccanismo che va interrotto».
Ieri intanto c’è stato un altro salvataggio. 87 persone sono state recuperate in acque internazionali dalla nave Open Arms della ong spagnola Proactiva. Anche loro non verranno riportati in Libia ma condotti in Spagna, considerato un porto sicuro.