Costretti a tifare per Joe Biden nella corsa alla Casa Bianca pur sapendo che il candidato democratico, se eletto, non annullerà il riconoscimento Usa di Gerusalemme come capitale di Israele e altre mosse di Donald Trump in Medio oriente; sotto attacco delle monarchie del Golfo per la condanna della normalizzazione dei rapporti tra Israele, Emirati e Bahrain, i dirigenti dell’Autorità nazionale palestinese (Anp) ora devono fronteggiare le pressioni dell’Unione europea.

Stando al portale d’informazione Axios, Bruxelles avrebbe comunicato al governo del premier Mohammed Shttayeh che non prevederà aiuti aggiuntivi fintanto che i palestinesi rifiuteranno di accettare per motivi politici i fondi, in tasse e dazi doganali, raccolti da Israele per conto dell’Anp. L’indiscrezione è stata confermata al manifesto da un funzionario del governo palestinese, che ha chiesto di rimanere anonimo, con la precisazione che «la questione è in discussione dietro le quinte» della diplomazia.

Dietro l’intimazione europea giunta, riferisce Axios, dal responsabile della politica estera dell’Ue, Josep Borrell, ci sarebbe la sospensione del piano di annessione a Israele di porzioni della Cisgiordania palestinese decisa dal premier Benyamin Netanyahu nel quadro del recente accordo di normalizzazione tra lo Stato ebraico e gli Emirati.

Tre paesi in modo particolare, Francia, Germania e Norvegia – ai quali si è unita la Gran Bretagna quasi fuori dall’Ue – chiedono all’Anp di revocare subito il blocco dei 750 milioni di dollari fermi da mesi in Israele. Con quei fondi disposizione, spiegano, la richiesta palestinese di aiuti supplementari non ha senso. Per l’Anp invece dietro alla giustificazione europea c’è un obiettivo politico: imporre ai palestinesi di riallacciare i rapporti con Israele senza alcuna garanzia.

A maggio, in risposta all’annuncio del piano di annessione della Cisgiordania, il presidente palestinese Abu Mazen e il premier Shttayeh comunicarono l’interruzione di ogni relazione con Israele (ma la cooperazione di sicurezza tra le due parti non si è mai interrotta).

Avvertirono che l’Anp non accetterà altro che il versamento nelle sue casse di tutti i fondi derivanti dalla raccolta di tasse e dazi doganali, senza decurtazioni da parte di Israele. Abu Mazen avrebbe spiegato agli europei che vuole da Netanyahu un documento ufficiale di rinuncia all’annessione della Cisgiordania. Il premier israeliano da parte sua parla di stop temporaneo del suo piano.

In ballo ci sono circa 150 milioni di dollari al mese dai quali il governo Netanyahu trattiene la percentuale corrispondente ai sussidi mensili che l’Anp versa alle famiglie dei prigionieri politici e a quelle dei «martiri», i palestinesi uccisi da israeliani in varie circostanze, inclusi autori di attacchi armati.

Per Israele quei sussidi sono un «incentivo al terrorismo» e una minaccia alla sua sicurezza. Per l’Anp invece sono parte di programmi assistenza sociale previsti anche in altri paesi durante o dopo un conflitto.

«L’Ue vuole imporci la ripresa delle relazioni con Israele. E ci chiede di piegarci alle imposizioni israeliane. Per noi è inaccettabile e vogliamo tutti i nostri fondi, senza tagli, come è previsto dal Protocollo di Parigi», ha spiegato la nostra fonte riferendosi alle intese economiche tra Israele e palestinesi successive agli Accordi di Oslo del 1993-94.

 

Il diktat europeo mette in ginocchio l’Anp che da cinque mesi paga solo metà dello stipendio ai suoi impiegati (oltre centomila) e fa i conti con le conseguenze economiche del coronavirus in Cisgiordania.