Con 130 decessi e 652 nuovi casi positivi, la metà dei quali in Lombardia, il bollettino di ieri sull’epidemia indica una sostanziale stabilità. Nessun calo, ma nemmeno la temuta impennata della fase 2. Secondo il presidente dell’Istituto Superiore di Sanità Silvio Brusaferro, il contagio rimane sotto controllo.

Lo ha detto presentando la settimanale valutazione del rischio delle regioni, questa settimana al livello 2 su 4 (rischio «basso») ovunque. Lombardia e Val D’Aosta, per motivi diversi, rimangono «sotto osservazione».

La cautela sulla Lombardia dipende dal numero ancora elevato di pazienti ricoverati negli ospedali, in particolare nelle terapie intensive dove i malati di Covid sono oltre 200. La Val d’Aosta invece è l’unica regione in cui l’indice di trasmissione Rt è maggiore di 1. Dato che le informazioni sui contagi successivi al 3 maggio non sono ancora complete, il calcolo di Rt si riferisce ancora al periodo del lockdown e non alla«fase 2».

Il dato della Val d’Aosta non è ritenuto particolarmente preoccupante, perché quando il contagio è ridotto a pochi casi è possibile che l’indice salga temporaneamente sopra il livello di guardia. Anzi, secondo Brusaferro «laddove ci sono pochi casi, averli segnalati garantisce che quel contesto regionale è in grado di intercettarli».

Ma non bisogna aspettarsi nuove aperture, magari liberalizzando gli spostamenti. L’indice di trasmissione Rt cambia «su base settimanale», quindi «non si possono stabilire le regole sulla mobilità da regione a regione sulla base dell’indice» ha spiegato.

Per ora, niente spostamenti «magari in elicottero tra regioni che hanno lo stesso Rt, come ventilato da qualche ipotesi di stampa. «L’obiettivo è affrontare il tema della mobilità con un numero di nuovi casi ancora più ridotto di quello attuale».

Il report non è una pagella alle regioni, ripetono i tecnici, per spegnere sul nascere l’impressione di contrasti tra tecnici e enti locali.

Erano emersi nella scorsa settimana quando diverse regioni erano arrivate alla fase 2 senza un sistema di monitoraggio dell’epidemia in efficienza, prima di essere graziate dal governo. Il report presentato ieri segnala però che in 12 regioni su 20 rimangono «segnali di allerta» o «indicatori non in soglia».

Significa che il sistema di monitoraggio necessita ancora di aggiustamenti dal punto di vista della monitoraggio: «è necessario un rapido rafforzamento dei servizi territoriali per la prevenzione e la risposta a Covid-19 per fronteggiare eventuali recrudescenze epidemiche durante la fase di transizione», riassume Brusaferro.

Vietato abbassare la guardia, dunque. A differenza di altre occasioni, l’Iss non ha accompagnato la presentazione con la pubblicazione dei dati dettagliati (saranno pubblicati forse oggi) quindi l’ottimismo di Brusaferro può essere verificato solo in parte.

Il report settimanale ha dato l’occasione per fare il punto sulle ricerche sui farmaci. Per ora cure specifiche davvero efficaci non sono state individuate, nonostante il gran numero di studi clinici avviati.

Secondo il suo direttore Nicola Magrini, l’Agenzia del Farmaco (Aifa) ha avuto lo «sgradevole compito» di dover trovare il giusto bilancio tra «non fare niente perché non ci sono abbastanza dati» e sperimentare nuovi farmaci di cui bisogna ancora verificare la sicurezza. «La commissione tecnico scientifica dell’Agenzia ha rifiutato l’autorizzazione all’80% degli studi proposti», ha detto Magrini.

Tra quelli approvati, molti hanno riguardato l’idrossiclorochina, che però si sta rivelando poco efficace. Proprio ieri, la rivista Lancet ha pubblicato un’analisi relativa a 671 ospedali in tutto il mondo in cui non si è rilevato alcun beneficio dall’uso dell’idrossiclorochina.

Più incoraggianti i risultati del tocilizumab, un altro farmaco che blocca l’infiammazione tipica delle polmoniti più gravi. Due studi autorizzati dall’Aifa hanno evidenziato uno scarso impatto sulla mortalità 14 giorni dopo l’assunzione del farmaco, ma una significativa diminuzione a 30 giorni di distanza.

Positivo invece il parere di Magrini sull’antivirale remdesivir. Una sperimentazione molto discussa ha evidenziato che il farmaco diminuisce la mortalità dall’11,6 all’8%, uno scostamento al limite della significatività statistica. «È un eccellente risultato» ha detto invece Magrini, «le migliori terapie cardiologiche riducono la mortalità del 2% e ne siamo molto contenti”. Anche se finora “il farmaco più efficace contro il Covid-19 è stato l’ossigeno».