Icona punk e cavaliere della arti delle lettere di Francia, eletta al Rock and Roll Hall of Fame oltreché vincitrice del National Book Award, Patti Smith che ha appena partecipato al concerto di natale del Vaticano, è candidata ad un Golden Globe per Mercy Is la canzone scritta per Noah, il film di Darren Aronofsky. L’abbiamo incontrata.

Per «Noah» di Aronofsky ha scritto una ninna nanna; è sorpendente per un’artista nata come icona del punk.

È vero che la prima notorietà l’ho avuta all’epoca del punk, anche se come poeta avevo iniziato a scrivere già nel 1970. Nel ‘75 abbiamo registrato Horses e in qualche modo ci siamo trovati a far parte di quel movimento. Eppoi ho sempre avuto un lato «ruvido», mi veniva naturale magari sfondare un amplificatore con un calcio o fare un sacco di rumore con la chitarra. Non rinnego niente della musica che ho scritto allora. Allo stesso tempo è del tutto naturale che oggi abbia cantato una ninna nanna in un film. Intanto perché ho sempre adorato il cinema, poi perché mia madre me le cantava sempre quand’ero bambina. Sono cresciuta in una casa di Testimoni di Geova, una religione molto biblica, quindi la storia biblica che racconta il film mi è molto familiare. Comunque se mi fosse stato chiesto nel 1975 l’avrei fatto con lo stesso impegno di oggi. Forse qualcuno lo troverà contraddittorio pensando a alcune mie canzoni più aggressive di allora, che però erano provocatorie più per le domande che ponevano. E questo non ho mai smesso di farlo. Facevo domande a sei anni e a dodici, nel 1975 e oggi. Continuo a fare domande su tutto, sul governo, sulle corporation, sulla spiritualità. Come esseri umani è quello che dovremmo fare sempre tutti: interrogare la nostra coscienza.
Ci parli del concerto di natale del Vaticano.
Forse alcuni hanno dimenticato che è stata la seconda volta per me. Anche l’anno scorso ho partecipato al concerto cantando Oh Holy Night con l’orchestra vaticana, e poi mi hanno chiesto di suonare Because the Night che in Italia è sempre molto popolare. Molti dei cardinali hanno apprezzato la performance tanto da invitarmi nuovamente. Il papa non c’era ma ho avuto modo di incontrarlo due volte. Credo che stia cercando di spingere per realizzare riforme importanti, e non è facile come non lo sarebbe per qualunque capo di stato. Lo ammiro per come si veste, in modo umile, e perché ama stare in mezzo alla gente, non si siede sul trono come altri papi. Io non sono cattolica ma questo non importa. Non sono nemmeno buddista ma non per questo non ammiro il Dalai Lama. Cerco di seguire attentamente i nostri leader, politici e spirituali, e l’impatto che hanno sul nostro mondo. Mi sembra che il papa ne abbia uno positivo.
Qualcuno si è sorpreso di sentirla in quel contesto?
Il mio terzo album si intitolava Easter (Pasqua), il mio primo disco conteneva un elegìa per gli artisti che abbiamo perso, Jim Morrison e Jimi Hendrix e sempre in Easter c’è un inno a Gesù Cristo, Songs of Rescurrection. Ho dedicato una canzone del quarto album a papa Giovanni Paolo primo. Per me rimane uno dei grandi papi, ripeto non sono cattolica ma su di me papa Luciani aveva una grande attrattiva: un papa che amava Pinocchio!
Gira un video su Youtube dove al Riot Fest di Chicafo incita i giovani a «rimanere rivoluzionari». Cosa intende?
Ai giovani cerco sempre di dire che devono giudicare sé stessi rispetto al valore delle proprie azioni, anche le più semplici, e non misurarsi sui beni materiali o sulle opinioni che riguardo a loro esprimono i social media. Sono sinceramente preoccupata per i ragazzi in questa cultura che esercita pressioni così forti, materiali, visive, sul modo di apparire. E gli dico sempre di essere sé stessi, di rimanere attenti ai grandi temi come quello dell’ambiente che oggi è probabilmente il più serio per il nostro pianeta. Ci sono gli attivisti ma si può aiutare semplicemente con la raccolta differenziata o consumando solo ciò di cui si ha davvero bisogno. Sono una madre, ho un figlio e una figlia e mi stanno a cuore i diritti umani di tutti i figli e le figlie di questo mondo. Vorrei che «sentissero» la loro vita. Per questo gli chiedo sempre di posare i loro telefonini e sentire il sangue che pulsa nelle loro vene, gli impulsi creativi, lo spirito, il cuore e la mente. Spero davvero che sentano la gioia di essere vivi e liberi.
A proposito di ragazzi il suo libro autobiografico si intitola «Just Kids».
Ho scritto quel libro perché il giorno prima di morire Robert Mapplethorpe mi chiese di raccontare la nostra storia. Lui è morto di Aids il 9 marzo del 1989, era il mio amico, collaboratore e il mio amore quando eravamo giovani. A quei tempi nei giorni più difficili, o quando non avevamo un centesimo in tasca, lui mi chiedeva di narrargli la nostra storia. Così quando mi ha chiesto di farlo un’ultima volta ho capito subito cosa intendeva anche se non avevo mai scritto un libro prima. Ho cercato di scriverlo per la nostra gioventù, per gli sconosciuti che eravamo allora, per tutti quelli che credono alla propria vocazione d’artista – ma anche per l’età che ho oggi, quella di una persona che ha vissuto molte cose, alti e bassi, la sofferenza e l’amore .
Tra le nuove generazioni di artisti nede qualcuno che possiede la forza poetica rivoluzionaria di cui parlava?
Ad essere sincera ultimamente ascolto molta opera, più Puccini,Verdi e Wagner che musica contemporanea. Ma so bene che ci sono un sacco di ragazzi di talento, Lorde ad esempio o Adele. Poi mi piace quello che fanno le ragazze di Pussy Riot perché sono sempre a favore dei giovani che usano la militanza nell’arte, ma in o fondo anche di chi semplicemente canta una bella canzone, come Rihanna – la sua versione di Stay l’avrò ascoltata cento volte. Non mi piace lo snobismo musicale, sono felice invece che così tanti stiano lavorando alla propria musica e auguro a tutti un gran bene.
Cosa significa il successo per lei?
È una domanda che mi sono posta tutta la vita. Nel 1979 stavo riscuotendo abbastanza successo soprattutto in Europa, e ho abbandonato la vita pubblica per sposarmi e fare dei figli, scrivere e continuare gli studi. Senza presunzione vorrei dire che mi sono sempre considerata un’artista, e quindi la cosa principale per me è sempre stata la qualità del mio lavoro. Mentirei se dicessi che non fa piacere ricevere dei riconoscimenti come il National Book Award o l’Ordine francese per le arti. È bellissimo, emozionante, non sono mai distaccata a questo riguardo ma solo se credo che il lavoro lo meriti. Preferirei sempre comporre una bella canzone o scrivere un bel libro senza riconoscimenti che ricevere un premio per un lavoro mediocre.
Come è cambiata l’idea che ha dell’amore nella sua vita?
Credo che se una persona ha la fortuna di vivere a lungo è inevitabile che le sue idee si evolvano, quelle sull’amore come quelle sulla preghiera, su Dio e sulla famiglia. Quando ero giovane non vedevo l’ora di scappare dai miei genitori, ora che non ci sono più mi mancano tremendamente. Il mio amore ingigantisce tutte le cose che mi hanno insegnato. E con l’età, e oggi da madre io stessa, capisco l’amore di mia madre che all’epoca mi pareva così soffocante. Sono stata fortunata; nella mia vita ho conosciuto l’amore, quello giovanile con Robert, quello di mio marito che è stato l’amore della mia vita e che continuo ad amare anche vent’anni dopo la sua morte. E poi l’amore per Dio e gli insegnamenti di Cristo, tutto ciò è una costante che nella mia vita continua ad evolversi. Una delle cose che mi piacciono dell’invecchiare è che l’età aumenta la nostra capacità per la compassione. A volte mi sembra che ci mettiamo anni e anni per apprendere le cose più fondamentali. Come dice Garance a Baptiste in Amanti Perduti (Les Enfants du paradis):«L’amore è così semplice». In un certo senso basta avere per iI prossimo lo stesso riguardo che si ha per sé stessi. Poi se ci prendiamo cura di noi stessi e viviamo a lungo accadono le cose più meravigliose. Come anche molte cose difficili – e mi creda ho passato tanti momenti duri nella mia vita – ma, appunto, anche cose meravigliose per le quali vale la pena rinunciare al burro e alle patatine.