Costi d’investimento saliti di 700 milioni a fronte di «un ridimensionamento del progetto»; 45 varianti, molte introdotte dopo rilievi archeologici senza «adeguate indagini preventive»; 65 milioni riconosciuti dopo un arbitrato a Metro C per attività «già ricomprese» nell’affido iniziale; «mancanza di trasparenza ed efficienza»; irragionevoli «vantaggi riconosciuti al contraente generale dell’opera».

E’ una delibera di 44 pagine, quella che l’Autorità anticorruzione guidata da Raffaele Cantone ha inviato alla Corte dei conti al termine dell’ispezione sulla metro C di Roma, ipotizzando danni all’erario. Ricostruisce tutti i passaggi della gara e del contratto per la nuova linea metropolitana a partire dal 2005, quando una delibera Cipe individua il tracciato fondamentale, base d’asta 2,5 miliardi. Stazione appaltante la società del comune «Roma Metropolitane».

Il 28 febbraio 2006 la gara viene aggiudicata per circa 2,2 miliardi all’associazione temporanea di imprese costituita da Astaldi, Vianini Lavori, Consorzio Cooperative Costruzioni e Ansaldo Trasporti Sistemi Ferroviari che costituiscono «Metro C», contraente generale. Da lì, una serie di varianti (47: 7 a parità di importo, 5 in diminuzione e 33 in aumento). ll costo dell’investimento per il «Tracciato fondamentale» è passato dagli iniziali 3.047 milioni a 3.739.