L’elenco è lungo. I consiglieri leghisti di Cantù che lasciano l’aula quando lei entra. E poi l’assessore del comune di Montagnana, in provincia di Padova, che come Calderoli la paragona a una scimmia. Per non parlare dell’esponente della Lega di Verona che su Facebook ha addirittura minacciato di prendere le armi il giorno in cui la ministra arriverà in città. E si potrebbe continuare, con insulti che nella stragrande maggioranza dei casi arrivano da militanti del Carroccio.
Ce n’è più che abbastanza perfino per una persona pacata come Cecile Kyenge. E infatti la responsabile per l’Integrazione ha deciso di lanciare un avvertimento a Roberto Maroni. «Fin da subito faccia appello ai militanti affinché cessino gli attacchi nei miei confronti. Se non avverrà, sarò costretta a declinare l’invito alla festa della Lega nord a Milano marittima» ha detto ieri la ministra nera riferendosi all’appuntamento fissato per sabato prossimo. «Pur avendo idee diverse le persone e le forze politiche si devono confrontare sulle idee e non sugli insulti», ha proseguito Kyenge che ha anche ricordato di essere stata sempre disponibile al dialogo con tutti, anche con chi è portatore di valori e convinzioni molto lontani dai suoi. Perché il confronto «può essere anche aspro, ma sempre nel pieno rispetto dell’altro». Ed è proprio dopo aver constatato che quel rispetto ritenuto fondamentale ormai è venuto meno, che Kyenge ha chiesto a Maroni di richiamare i suoi.
Parole che però non sortiscono l’effetto che la ministra avrebbe voluto. Il segretario federale della Lega infatti nicchia, prende tempo. «Mi auguro che venga alla festa, la chiamerò per dirle la vera posizione della Lega e confermare l’invito. Noi comunque consideriamo quella sullo ius soli una proposta sbagliatissima», è la replica di Maroni, che evita accuratamente di rispondere sull’appello ai leghisti richiesto da Kyenge. E non si capisce bene se il silenzio sia dovuto al fatto che non voglia richiamare i militanti del Carroccio, o non possa, viste le divisioni presenti all’interno del movimento. Anche perché i duri del Carroccio non accennano minimamente ad abbassare i toni. Basta sentire le parole di Matteo Salvini e Mario Borghezio, con il primo che invita a «ignorare» la ministra per «pensare alle cose serie» e il secondo che definisce «buonismo tartufesco» i tentativi di dialogo con Kyenge fatti da alcuni esponenti del Carroccio, primi fra tutti il presidente del Veneto Zaia e il sindaco di Vicenza Fontana.
Ma ieri è stato anche il giorno in cui la ministra per l’Integrazione ha lanciato il piano nazionale contro razzismo, xenofobia e intolleranza, che prevede anche nuove norme per arginare il fenomeno sul web e interventi sulla comunicazione. «L’odio razziale e l’istigazione al razzismo sul web sarà uno dei punti principali» ha spiegato Kyenge che ha ricordato come il piano punti anche alla valorizzazione delle diversità non solo degli stranieri, ma «anche delle comunità rom, sinti e camminanti». Ma anche dei cittadini italiani di origine straniera, tra i quali le seconde e terze generazioni.
Assi portanti del piano sono occupazione, alloggio, istruzione, mass media, sport e sicurezza. «Gli italiani non sono razzisti. L’Italia è soffocata però da alcune voci che urlano più forte», ha detto il ministro confermando di non aver mai pensato di dimettersi. Tra settembre e ottobre verrà fatto un primo bilancio dei risultati ottenuti in queste prime settimane di lavoro e che verranno poi portati a novembre in consiglio dei ministri.
Stando ai dati dell’Unar, l’Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali,nel 2012 si è registrato un aumento delle denunce relative a casi di discriminazione, con un incremento del 61% rispetto all’anno precedente. In tutto 659 casi di discriminazione per motivi etnico-razziali, pari al 51,4% del totale dei casi trattati.