La collaudatissima ricetta estetica del Sundance, a base di sceneggiature molto scritte, storie «intime» ancorate ai personaggi e mise en scene non troppo avventurosa si è ritrovata puntualmente nei primi film visti nel concorso fiction (e persino in uno «strutturatissimo» documentario, immediatamente acquistato dalla Lionsgate, Dinosaur 13). Nel suo primo lavoro post Twilight, alla ricerca di una nuova carriera, Kristen Stewart passa direttamente dalle braccia del vampiro Edward a Guantanamo Bay.

Il film, dell’esordiente Peter Slatter, è Camp X-Ray, ed è ambientato nel carcere militare americano che Obama sta cercando invano di chiudere. Stewart è una ragazza di provincia che si arruolata nell’esercito perché sognava di fare qualcosa di importante. Invece viene messa a far la guardia a un gruppo di arabi, presunti terroristi, di cui non si sa che fare. «Il nostro compito qui non è impedire loro di scappare – a quello ci pensano i muri. Dobbiamo invece tenerli vivi», spiega l’ufficiale di turno alla nuova arrivata. «Detesto questo posto», la informa a un certo punto persino il comandante della base, prima di avvisarla che sarebbe stato meglio se non faceva rapporto sulle irregolarità commesse da un altro soldato che la umilia perché lei ha rifiutato le sue avances sessuali. Sia i soldati che i prigionieri si comportano infatti un po’ come delle bestie in Camp X-Ray. A Guantanamo (e non) la vita è dura per «minoranze» come donne e arabi, sembra il messaggio che preme a Slatter, che intesse il suo film sul complicato rapporto tra Stewart e uno dei prigionieri (l’attore di Una separazione Payman Maadi). Lui si chiama Alì e la chiama Blondie – due cliché, divisi da grate, che cercano di sopravvivere in una situazione orrenda.

È un duetto duello anche quello sui cui è incentrato Whiplash, di Damien Chazelle, ex studente di Harvard applauditissimo per il suo primo lungo, Guy and Madeline (2009). Espanso da un corto omonimo presentato al festival l’anno scorso, Whiplash è la storia del rapporto tra un giovane batterista jazz terrorizzato dalla mediocrità (Miles Teller) e il suo temutissimo, iracondo, violento, insegnante di musica (J.K. Simmons, veramente cattivo).

Curioso riff simpaticamente sadomasochista sui sacrifici richiesti dall’arte, Whilpash non è Red Shoes ma ha musiche molto belle (a partire dal brano di Hank Levy che gli dà il titolo, e un certo coraggio anti-pc. Lo ha immediatamente comprato la Sony Classics.