Sono da undici giorni su un tetto e la loro capacità di lottare sta scuotendo Berlino. Continua la protesta dei quaranta richiedenti asilo della scuola Gerhard-Hauptmann nel quartiere multietnico di Kreuzberg, al centro della capitale tedesca. Gli abitanti del quartiere stanno dalla loro parte e ieri si è svolta una manifestazione di solidarietà contro l’imponente operazione di polizia che da giorni blocca le strade adiacenti alla scuola. In piazza almeno tremila persone.

I migranti sono barricati lassù da quando l’autorità pubblica è intervenuta per sgomberare l’edificio e ha trasferito 200 persone in alcuni centri di raccolta in periferia in cambio di vaghe promesse: forse in futuro un alloggio e un sussidio in attesa che vengano finalmente prese in considerazione le loro domande di asilo dopo anni di silenzio. I 40 sul tetto non ci hanno creduto e non hanno intenzione di fermarsi finché non verrà riconosciuto per tutti, anche per i 200 trasferiti, lo status di rifugiato. Per questo sono stati accerchiati per giorni da migliaia di poliziotti che hanno reagito con violenza contro i tanti militanti venuti a dare il loro appoggio e il loro aiuto. Lunedì scorso sono state presentate una serie di richieste ufficiali al quartiere di Kreuzberg-Friedrichshain al fine di aprire un negoziato con le istituzioni e avviare un dialogo trasparente sulle richieste pendenti di asilo politico. Oltre all’immediata accettazione dello status di rifugiato per tutti, si è aggiunta la domanda di “ufficializzazione” della protesta che consentirebbe di utilizzare una parte dell’edificio per avviare progetti, ospitare altri richiedenti asilo e gestire una campagna di sensibilizzazione, senza la minaccia di ulteriori sgomberi.

L’appello dei rifugiati, per lo più sudanesi, è arrivato dopo giorni di grande incertezza e tensione e dopo che più volte avevano minacciato di togliersi la vita saltando dal tetto della scuola qualora la polizia avesse tentato di fare irruzione.

Alle richieste sono seguite lunghe e estenuanti contrattazioni con le forze politiche locali, in un clima di pressione alimentato dagli scontri incessanti tra la polizia e le migliaia di manifestanti intervenuti in favore dei richiedenti. L’azione di polizia, aspramente criticata dagli attivisti e dagli abitanti della zona, ha coinvolto circa 1700 agenti richiamati in via straordinaria da tutta la Germania e ha registrato una serie di episodi di violenza, soprattutto martedì scorso, quando un nuovo sgombero sembrava imminente. Si tratta di una mobilitazione straordinaria da parte delle forze dell’ordine che pare essere costata tra i 4 e i 5 milioni di euro alla città di Berlino, almeno secondo i dati pubblicati dal settimanale tedesco «Der Spiegel». E così un muro invalicabile di transenne e posti di blocco per dieci giorni ha turbato la quiete apparente di Kreuzberg, storico centro della comunità turca berlinese e da anni meta del turismo alternativo della capitale. Dagli abitanti del quartiere, però, è arrivata forse la protesta più forte: sono stati proprio i cittadini chiusi dai blocchi a scendere in strada e ad invitare i manifestanti a superare le transenne.

Nel corso della lunga settimana i dimostranti hanno inoltre saputo svolgere una capillare azione informativa su varie problematiche legate alla migrazione: molti tra i sans papiers presenti hanno avuto la possibilità di raccontare la propria storia e denunciare la tragica privazione di diritti basilari subita in patria e in Europa. Hanno parlato di libera circolazione nei paesi europei, di legislazione comune in materia migratoria e dell’abisso di indifferenza che circonda queste tematiche. Moltissimi parlano italiano e non sono pochi quelli giunti in Germania attraverso l’Italia che ancora serbano vivo in mente il terribile ricordo di Lampedusa.

La trattativa per uscire da una situazione di stallo è stata lunga e non è ancora risolta. Nei giorni scorsi Monika Hermann, sindaco verde del quartiere, aveva passato la pratica a Frank Henckel (Cdu), membro del senato della città di Berlino, noto per le sue posizioni intransigenti. Henckel aveva incontrato i rifugiati ma si era limitato a promettere una proroga della «Duldung», una specie di permesso di soggiorno temporaneo senza diritto all’abitazione o a sussidi. Inoltre aveva chiesto che la trattativa continuasse in un altro luogo neutro, la chiesa di Heilig-Kreuz. Gli occupanti hanno rifiutato. Solo nella tarda serata di mercoledì scorso il negoziato è arrivato a un punto di svolta. Dopo una lunga mediazione gli occupanti e il quartiere hanno dichiarato di aver raggiunto un compromesso che permetterebbe ai rifugiati di continuare la protesta all’interno della scuola e che impegnerebbe l’amministrazione locale ad aprire un dibattito in Senato sul diritto di asilo. Alla notizia del raggiunto accordo è seguita una parziale smobilitazione della polizia che ha tolto i blocchi nelle strade, rimanendo però a presidiare le entrate della scuola. Parte della trattativa prevederebbe infatti una regolamentazione dell’accesso sotto stretto controllo delle forze dell’ordine e previa messa in sicurezza dell’edificio.

L’accordo, però, sarebbe stato strappato solo grazie all’enorme pressione psicologica subìta dai rifugiati che non lo hanno accettato all’unanimità. La sensazione è che le nuove promesse non si discostino molto dalle vecchie e che una soluzione permanente sul diritto di asilo debba essere ricercata in un coinvolgimento diretto del governo tedesco e nell’apertura di un dialogo a livello internazionale in materia di diritto migratorio.