Bambini adultizzati protagonisti nel film vincitore del concorso documentari al 28° Trieste Film Festival. L’esordiente polacca Anna Zamecka, già premiata in diversi festival, ha raccontato in CommunionKomunia di Ola, una ragazzina che si prende cura del fratellino autistico mentre il padre alcolista non se ne occupa e la madre vive altrove. La prima comunione di Nikodem e il pranzo che ne segue sono l’occasione per provare a riunire la famiglia.

Anna Zamecka ha dichiarato che l’idea è nata dall’incontro con il padre.«Ho conosciuto per caso il padre alla stazione della cittadina dove vivono, a un’ora da Varsavia. Abbiamo parlato, mi ha detto dei suoi figli e ho chiesto di conoscerli. Sono andata da loro la prima volta a dicembre 2012, erano soli, il padre era a lavoro. Ola preparava la cena e tagliava la carne in un modo infantile, Nikodem parlava della fine del mondo, erano i giorni della profezia dei Maya. Ingenuamente mi dissero che la madre sarebbe tornata una volta che il padre avesse rifatto il bagno. Avevo già l’idea per affrontare un tema simile in un corto di fiction. Mi piacevano l’atmosfera, la casa, l’energia, ma non avevo la storia, non sapevo cosa sarebbe successo. Per due mesi sono andata a trovarli senza videocamera».

E che è successo?
Un giorno ho scoperto un quaderno di religione di Nikodem, che si era scritto un decalogo con comandamenti personali e poetici. Quando aveva otto anni, il prete non l’aveva ammesso a fare la comunione perché non era pronto spiritualmente. In Polonia questo è un problema, il bambino si sentiva diverso dagli altri, non all’altezza. Ho pensato che questa potesse essere la storia, il quarto prete che ho contattato ha acconsentito a fargli sostenere l’esame.

Quindi alcune scene erano scritte? E come è stata accolta dai ragazzi l’idea del film?
Molte scene erano scritte, ma ero aperta a ciò che la vita portava dentro l’opera. All’inizio hanno detto sì, ma non mi interessava tanto una firma su un foglio, quanto il sentirmi accettata, non volevo forzarli. Ho parlato molto con Ola di ciò che volevo e le ho raccontato la mia esperienza. Anch’io, in modo meno pesante e in un contesto sociale diverso, mi sono occupata per un periodo di mio fratello minore, anche per questo mi interessano i ragazzini adultizzati. L’ho convinta che non l’avremmo ingannata o delusa. La scena in cui mi sono resa conto di essere al posto giusto e che potevo davvero stare là è stata quella più difficile, il ritorno della madre.

La comunione è lo spunto della trama ma non c’è giudizio sulla religione o sulla Chiesa.
Non mi piacciono i film a tesi, che ti portano alle loro conclusioni. La religione mi interessava come parte di un sistema, con la scuola e i servizi sociali, che dovrebbe aiutare la famiglia e non è all’altezza del compito. Ola dice che la sua famiglia è quella che è, ma è la sua. E pensa a tenerla unita.

Ola ha visto il film? Siete in contatto?
Ha visto il film e l’ha subito analizzato, distinguendo il personaggio da se stessa. Nella scena dei servizi sociali ha esclamato: com’è possibile che non si siano accorti che stavo mentendo? Dice che grazie al film la sua famiglia è più unita. Spero di esserle stata utile. Siamo amiche, ora ha 17 anni e ha lasciato casa per studiare, è molto ambiziosa.

Il film è prodotto dalla scuola Wajda. Che succederà ora che è morto?
Credo che non ci saranno conseguenze perché il vero responsabile è il regista Wojciech Marczewski. Non è una scuola vera e propria, ma un laboratorio di un anno, durante il quale si discute di un progetto di film e si hanno i soldi per farlo. Komunia è stata la mia scuola.

È un buon momento per il cinema polacco, soprattutto per il documentario e per le registe.
Sì, negli anni scorsi ci sono stati buoni finanziamenti, anche se ora è in corso un cambiamento politico. Dopo la grande stagione tra i ’50 e i ’70 c’è stata a lungo difficoltà nel trovare un nuovo modo di esprimersi. Non so come mai ci siano molte donne nel documentario. Per le registe ci sono tanti ostacoli da superare, non è facile conquistarsi la fiducia, anche se non ho avuto grandi difficoltà.