È uno degli oggetti più popolari e ricercati sia fra i turisti che fra gli amanti dell’arte tradizionale giapponese, apparentemente semplici ma in verità complessi nella loro realizzazione, i kokeshi, bambole di legno che rappresentano figure femminili, hanno una storia affascinante che si lega indelebilmente con il territorio dove hanno avuto origine.

Quando l’undici marzo di dieci anni fa un terremoto di magnitudine nove colpì la zona nord orientale dell’arcipelago giapponese, scatenando lo tsunami che devastò le cittadine della costa e causando la crisi nucleare nelle centrali di Fukushima, emersero in modo drammaticamente lampante i legami da «colonia interna» fra Tokyo e il Tohoku.

Nei pressi degli Onsen
Formata dalle prefetture di Miyagi, Fukushima, Yamagata, Iwate, Aomori e Akita, la zona rappresenta la parte settentrionale della principale isola dell’arcipelago giapponese, Honshu. Colonia interna perché durante gli anni sessanta del secolo scorso, il Tohoku è stato usato, come altre zone non industrializzate dell’arcipelago, come luogo dove costruire grandi complessi nucleari, e anche un impianto di riprocessamento delle scorie nucleari a Rokkasho, per produrre l’energia «necessaria» al sostentamento dello sprawl urbano della capitale nipponica e delle zone circostanti. In realtà lo sfruttamento agricolo e industriale del Tohoku cominciò in maniera sistematica già a metà del diciannovesimo secolo, quando l’abbandono del modello feudale a favore di un rinnovamento, di una modernizzazione e di una centralizzazione delle risorse del paese, sconvolse gli equilibri, molto centrifughi per altro, presenti nel paese fino a quel momento.

Per secoli, prima di questa forzata unificazione amministrativa e politica di stampo monarchico, nel Tohoku e nelle sue prefetture si erano sviluppate e aveva prosperato una storia delle arti e delle culture decisamente indipendente, e fra queste figurava anche la lavorazione artigianale del legno. Spesso gli artisti si ritrovavano e avevano i loro laboratori nei pressi degli onsen, le zone termali che punteggiano tutto il Giappone e che rappresentano un modo di vivere e godere il paesaggio naturale di fiumi, montagne e foreste. Ancora oggi quando ci si reca in queste cittadine termali, è abbastanza comune trovare botteghe che vendono prodotti lavorati artigianalmente che riflettono storia e folklore del luogo.

Negli onsen del Tohoku uno degli oggetti più venduti è che più rappresenta la regione è il kokeshi, design molto semplice e stilizzato, un corpo cilindrico e una testa tonda, diversamente dipinte secondo scuole o tradizioni, queste bambole-giocattoli sono il frutto del lavoro di artigiani che le ricavano solitamente da un blocco di legno intero.

Sono comunemente raggruppate in tre categorie, i kokeshi tradizionali, prodotti esclusivamente nel Tohoku da artigiani che seguono una tecnica tramandata da generazioni e determinate regole, «i nuovi kokeshi» prodotti dalla metà del secolo scorso e creati con più libertà e, ultimi in ordine di tempo, i «kokeshi creativi», più affini all’oggetto d’arte contemporanea.

Varie scuole
Queste bambole potrebbero sembrare tutte abbastanza simili, ma sono i piccoli particolari a renderle speciali, i capelli a caschetto dipinti in maniera differente, le diverse forme e inclinazioni degli occhi e della bocca, i colori e anche le tipologie di legni usati.

Probabilmente risalenti al periodo Edo (1600-1868), sull’origine e la funzione di queste bambole ci sono varie ipotesi. Si dice che in principio fossero dei giocattoli per bambini, ma anche che la loro derivazione arrivi da modificazioni di oggetti di culto, rappresentazioni di divinità, o talismani per proteggere i bambini da malattie e da morte prematura. Questi significati sono spesso presenti contemporaneamente nell’oggetto, che può funzionare sia da giocattolo che da talismano, e basti pensare, ad esempio, al popolare segmento mattutino per il piccolo schermo Asa dora, quando nel 1983 l’annuale serie televisiva fu dedicata alla storia di Oshin. Una bambina costretta a lasciare la famiglia a sette anni per andare a lavorare e che porta con sé una bambola kokeshi, che le ricorderà durante tutta la sua vita i suoi genitori e le darà la forza d’animo per superare le avversità.

I kokeshi possiedono quindi una bellezza semplice e quasi stoica che rappresenta il loro provenire da una zona dove il clima è aspro e i disastri naturali si abbattono con tremenda regolarità, ma anche quella qualità di stupore quasi panico, alla Totoro per intenderci, che ben rappresenta quell’essere tutt’uno con il flusso delle cose e con gli elementi naturali.