Il giovane Robert Zimmerman abita nella piccola cittadina di Hibbing in Minnesota e ama andare al cinema. Qui studia James Dean in Gioventù Bruciata, memorizzandone le battute. Arrivato a New York e diventato Bob Dylan scopre il cinema europeo; Charles Aznavour in Tirate sul pianista cattura la sua attenzione nel ruolo di Charlie, musicista tragico. Quando nel 1978 Dylan decide di fare il regista assume il giovane Sam Shephard come aiuto sceneggiatore dandogli come unico punto di riferimento il film di Truffaut. Il risultato di Renaldo e Clara sono quattro ore di scene improvvisate interrotte da canzoni live. Non molti lo apprezzano e sparisce presto dagli schermi.
All’inizio la sua carriera di cantante di successo non gli basta; Dylan guarda oltre. Già nel 1963, compare in un telefilm per la BBC: Madhouse on Castle Street. Non è un buon inizio. Non vuole imparare la sua parte e quindi il suo personaggio viene riscritto in forma di coro greco, accompagnato dalla chitarra. Come di consuetudine con la BBC di quegli anni, il film viene distrutto.
Il capolavoro nella filmografia di Dylan arriva nel 1967 con il documentario Dont Look Back di D.A. Pennebaker. La prima inquadratura è di una semplicità sconvolgente: Dylan in un vicoletto new yorkese sfoglia i testi, lasciandoli cadere ad uno ad uno, di Subterranean Homesick Blues al ritmo della canzone stessa. Si tratta del primo ‘music video’, con un cantante che non canta e la macchina da presa focalizzata sui testi. Il resto del film ritrae Dylan in giro per un’ Inghilterra piovosa, in bianco e nero; a volte arrogante e carismatico, Dylan è circondato dal suo entourage ma allo stesso tempo isolato. Martin Scorsese offre una visione più completa con il suo No Direction Home del 2005, utilizzando il filmato di Eat the Document, mai diffuso, che Dylan e Pennebaker girarono nel 1975.
Dylan recita una piccola parte in Pat Garrett e Billy Kid ma l’esperienza si rivela un disastro con l’incidente leggendario dell’ormai alcolizzato Sam Peckinpah che orina sullo schermo durante la proiezione per i dirigenti dello studio. Nonostante questo incubo, Dylan ritorna sugli schermi con il pessimo Hearts of Fire del 1987. Qui recita una parte più vicina alla sua realtà. Interpreta il ruolo di una vecchia leggenda rock che aiuta una giovane protegée, ruolo che interpreta in maniera più convincente in Masked and Anonymous (2003), di cui è anche l’autore. Tuttavia l’impatto di Dylan sul cinema è più evidente in quei film che lo usano come soggetto. In A proposito di Davis dei fratelli Coen Dylan è un’assenza molto presente. In Io non sono qui di Todd Haynes Dylan è un puzzle, un enigma che necessita di un’intera gamma di attori per renderne il ritratto completo. Non è quindi un mistero che Dylan meriti il Nobel per aver interpretato se stesso per tutti questi anni.