È passato quasi un secolo da quando il primo numero raggiunse le edicole nel lontano 1919, ma ancora oggi «Kinema Junpo» rimane una della riviste cinematografiche più prestigiose nel panorama editoriale giapponese. Uno dei momenti più attesi di tutta la stagione è sicuramente gennaio, quando il gruppo di critici che contribuiscono alla pubblicazione della rivista, stilano la classifica dei dieci migliori film dell’anno.
Le classifiche in realtà sono ben quattro, migliori film giapponesi, migliori film stranieri, migliori bunka eiga (documentari) e la classifica con i premi individuali, attori, direttore della fotografia, sceneggiatura, regista e così via.

 

Fra le opere del Sol Levante al primo posto quest’anno troviamo The Tokyo Night Sky is Always the Densest Shade of Blue di Yuya Ishii, storia di due giovani e della loro alienazione nella capitale giapponese, film che si distacca per tono ed anche per contenuti dalle precedenti opere del giovane regista come Sawako Decides o The Great Passage. Al secondo posto il funambolico Hanagatami di Nobuhiko Obayashi, di cui già abbiamo scritto su questa rubrica, che conquista anche il premio come miglior regista, mentre si classifica terzo il dittico Wilderness parte prima e seconda, due lungometraggi diretti da Yoshiyuki Kishi da un un romanzo del grande Shuji Terayama su una delle sue grandi passioni, la boxe.

 
Titoli questi che purtroppo e per varie ragioni di cui sarebbe troppo lungo discutere in questa sede, non hanno esercitato una grande attrazione a livello internazionale, al momento nessuno di questi ha partecipato infatti ad una delle grandi manifestazioni festivaliere al di fuori dell’arcipelago. Più in giù nella lista troviamo invece nomi con cui il pubblico internazionale ha forse più confidenza come Kurosawa Kiyoshi con il suo Before We Vanish, visto a Cannes, che occupa il quinto posto, mentre all’ottavo c’è The Third Murder di Hirokazu Koreeda, passato a Venezia, o ancora Naoko Ogigami con Close-knit che si classifica al decimo posto.

 
Fra i documentari, al primo posto Jinsei furutsu prodotto dalla Tokai Tv, su una coppia di anziani, il loro approccio verso la vita alla soglia dei novant’anni ed i cambiamenti e mutamenti sociali a cui hanno assistito in sessant’anni di matrimonio. Al secondo posto The Targeted Island: A Shield Against Storms, documentario diretto da Chie Mikami che esplora i tumulti, le tragedie e la resistenza che gli abitanti di Okinawa oppongono quotidianamente alla presenza ed espansione militare americana nell’isola.

 
Per quel che riguarda i film non giapponesi, va premesso che i tempi di distribuzione sono assai diversi nel Sol Levante rispetto ad Italia o America ed i film quindi arrivano spesso più tardi, la classifica vede primo Io, Daniel Blake di Ken Loach, seguito da Paterson di Jim Jarmusch e Manchester by the Sea di Kenneth Lonergan.
Non particolarmente estrema e minoritaria nelle sue scelte, questo ruolo è occupato dall’altra rivista giapponese di cinema, «Eiga Geijutsu», che fra l’altro ha anche una lista con i peggiori film dell’anno, la classifica di «Kinema Junpo» resta comunque una sorta di tradizione ed un evento importante e fondamentale attorno al quale si sviluppa il discorso cinefilo nel Sol Levante. Rappresenta cioè non solo una sorta di cartina tornasole per vedere e riflettere su ciò che di meglio la cinematografia dell’arcipelago ha saputo offrire durante l’annata appena passata, ma anche per carpire l’evoluzione dei gusti e della critica cinematografica nipponica nel corso degli anni.

matteo.boscarol@gmail.com