Al termine del meeting del partito dei lavoratori nordcoreano, svoltosi venerdì, Kim Jong-un ha annunciato la fine dei test missilistici e la chiusura del sito deputato ai test nucleari. «Dal 21 aprile, la Corea del Nord cesserà i test nucleari e i lanci di missili balistici intercontinentali», ha riferito l’agenzia di stampa nordcoreana Kcna (comunicato letto in televisione con la consueta verve retorica della storica annunciatrice delle grandi occasioni) sottolineando anche la chiusura del sito dei test nucleari per «dimostrare il suo impegno».

TRUMP HA SALUTATO LA NOTIZIA con soddisfazione, così come Pechino e Seul (benché come riporta la Reuters ieri, tra la popolazione sud coreana regni ancora un certo scetticismo), più freddo Shinzo Abe. L’annuncio segna una svolta che dovrebbe dimostrare la volontà di Kim a trattare, tanto con il presidente sudcoreano Moon Jae-in quanto con Trump, ma indica altresì che Pyongyan considera completato il percorso nucleare. Sicuramente Kim sapeva di non poter spingersi troppo in là, probabilmente Pechino (e il recente summit tra Xi e Kim in Cina) ha influito non poco nell’annuncio.
Importante anche un’altra parte del comunicato diffuso dall’agenzia di stampa statale nordcoreana: Pyongyang – infatti – si impegnerebbe anche a non trasferire ad altri paesi tecnologie o armi (un chiaro riferimento a Iran e Siria da sempre molto connessi con le attività di produzione militare e di componenti bellici della Corea del Nord, compreso, nel caso siriano, il sospetto che le presunti armi chimiche di Assad arrivino direttamente dal regno dei Kim).

PRIMA DI CHIEDERSI, però, che tipo di negoziati si avranno con Seul e Washington, è bene soffermarsi su un corollario delle dichiarazioni di Kim. Insieme alla decisione di sospendere i test, infatti, Kim Jong-un ha sottolineato la volontà da parte del regime di prendersi carico della situazione economica del paese e dello sviluppo del benessere della popolazione. Non è un caso che queste parole del giovane leader arrivino proprio poco dopo la pubblicazione del report sullo stato di salute dell’economia nordcoreana. Con la premessa che quando si tratta di numeri e stime da parte di Pyongyang è bene sempre armarsi di dubbi sulla realtà dei dati, si possono analizzare due elementi: nel 2017 anche a causa delle sanzioni, che influenzeranno anche l’inizio del 2018, la situazione economica della Corea del Nord è peggiorata rispetto al recente passato.

SCOPO DEL GOVERNO di Pyongyang sarà quello di sviluppare le industrie autoctone (di recente una fabbrica chimica è stata chiusa in virtù delle sanzioni) e programmare un nuovo piano economico capace di risollevare le sorti del paese.

Il secondo aspetto riguarda il comparto «privato»: nel report ufficiale si ammette l’esistenza di una parte di economia indipendente dalle attività statali (che occuperebbe circa il 26,1 per cento delle attività produttive nazionali). E non solo: come sottolineano gli esperti, dal rapporto si evincerebbe anche un sistema di tassazione rivolto proprio a entità semi-private. Kim dunque, ribadisce quello che era stato uno dei suoi punti di forza una volta arrivato al potere: aveva promesso una sicurezza di natura militare e una di natura economica. Raggiunta la prima, ora può dedicarsi alla seconda nella speranza di dover gestire una situazione internazionale meno caotica e pericolosa. Se tutto questo significherà un effettivo negoziato con Trump, è ancora presto per dirlo; di sicuro se dal meeting del 27 aprile tra le due Coree dovesse uscire davvero un trattato di pace, le cose cambierebbero – e molto – anche per gli Usa.

PECHINO DI SICURO ha avuto un ruolo in queste recenti aperture da parte di Pyongyang. Il governo cinese ha fatto sapere di avere accolto favorevolmente l’iniziativa di Kim esprimendo la convinzione che la svolta contribuirà ad attenuare le tensioni e auspicando che quel paese possa fare progressi anche sul fronte dello sviluppo economico. E se il presidente degli Stati uniti ha definito l’annuncio di Kim Jong-un «una buona notizia per la Corea del Nord e il mondo», più scetticismo è stato espresso da Shinzo Abe, premier giapponese.

«CIÒ CHE È CRUCIALE, ha spiegato Tokyo, è come questo sviluppo porterà allo smantellamento completo, verificabile e irreversibile degli armamenti nucleari, delle armi di distruzione di massa». Si tratta esattamente di questo: Kim ha lasciato intendere di essere arrivato a un punto nello sviluppo nucleare da potersi permettere un periodo di «pace», nonostante sulle effettive capacità tecnologiche di Pyongyang non tutta la comunità scientifica sia concorde. Intanto, però, con questo annuncio Kim si porta dietro una «fiducia» internazionale che davvero da tempo sembrava aliena alla Corea del Nord.