Sembra che, negli ultimi tempi, Poroshenko riesca meglio nelle proprie performance fuori casa che in patria. Mentre con un voto sincronizzato, Rada suprema e Parlamento europeo ratificavano ieri l’accordo di associazione dell’Ucraina alla Ue, nella piazza antistante la Rada manifestanti di Pravyj sektor tornavano alla carica sul tema della cosiddetta lustratsija – una sorta di epurazione contro rappresentanti del passato regime, la cui legge era in discussione sempre ieri alla Rada – con lancio di uova e pietre all’indirizzo della polizia (un deputato è stato gettato in un cassonetto della spazzatura) e, all’interno del parlamento, quasi la metà dei deputati votava contro la proposta di legge di Poroshenko per la concessione di uno status speciale al Donbass. Status di cui, anche le milizie, ma per altro verso, non concordano col presidente. Per l’associazione alla Ue hanno votato 355 deputati su 381; 26 deputati non hanno partecipato al voto.

Poroshenko ha incaricato il governo di mettere a punto un piano di attuazione dell’accordo, che prevede una serie di riforme ritenute urgenti per «avvicinare il paese agli standard europei». L’accordo di associazione sarà efficace solo dopo la ratifica da parte di tutti i 28 paesi dell’Ue; nel frattempo, il Parlamento europeo determinerà la sua applicazione temporanea. Il percorso che ha portato al voto di ieri, è iniziato lo scorso 21 marzo, quando fu sottoscritta la parte politica, cui il 27 giugno si aggiunse quella economica.

A questa faceva riferimento venerdì scorso Poroshenko – «Non ci sarà nessuna modifica al testo sottoscritto il 27 giugno» aveva detto – allorché fu smentito, pochissime ore dopo, quando a Bruxelles i rappresentanti di Mosca, Kiev e Ue si intesero per il rinvio fino a tutto il 2015 della parte dell’accordo sulla zona di libero scambio, pur prorogando di un anno il regime del commercio preferenziale introdotto a marzo.

Ma la Rada, ieri, non ha votato solo l’accordo con la Ue; ha adottato anche la legge che attribuisce per tre anni uno status speciale di autodeterminazione ad alcune province delle regioni di Donetsk e Lugansk. Secondo la proposta di Poroshenko, il prossimo 7 dicembre nelle regioni del sudest dell’Ucraina, in guerra da mesi con il governo di Kiev, si svolgeranno elezioni amministrative anticipate. Il piano proposto dal presidente prevede anche l’amnistia per i combattenti delle repubbliche popolari; il diritto all’uso della lingua russa; una procedura speciale per la nomina degli organi di vertice di procuratura e tribunali; un regime economico particolare, volto al ripristino di industria, infrastrutture e servizi.

Le reazioni al provvedimento legislativo (approvato con 277 voti su 450) non si sono fatte attendere, fuori e dentro la Rada. I diretti interessati hanno detto chiaro e tondo di non accontentarsi di un provvedimento a metà; l’ala radical-nazionalista del parlamento di Kiev l’ha respinto in blocco. Il leader della RP di Donetsk, Aleksandr Zakharcenko ha dichiarato di salutare l’adozione del progetto di legge «se ciò significa che Kiev ha riconosciuto la nostra indipendenza»; il suo vice, Andrej Purghin, considera il voto della Rada come «l’atto di uno Stato limitrofo. Il massimo che possiamo fare, è prenderlo in esame»; ma ha anche aggiunto che l’atto contribuirà a regolare la situazione.

Secondo Purghin, le milizie potranno discutere con Kiev il provvedimento, ma solo la parte relativa alle relazioni economiche e sociali; «i dispositivi politici, anche nella forma federativa o in qualunque altra, sono esclusi». La Repubblica di Lugansk lo considera invece come un passo che può favorire il miglioramento dei rapporti con la capitale.

In aula, il leader della frazione parlamentare Svoboda, Oleg Tjagnibok ha proclamato che il suo partito «è stato l’unico a non aver dato nemmeno un voto a favore della legge sullo status speciale». Il leader del partito Patria, Julja Timoshenko ha definito il progetto di legge «umiliante e proditorio», aggiungendo di non ritenere che possa condurre alla pace. Il Consigliere presidenziale Jurij Lutsenko ha detto che l’obiettivo dello status particolare per il Donbass «non è quello della federalizzazione o dell’autonomia, o di altre minacce per l’Ucraina; lo scopo è quello di portare la contrapposizione dal terreno militare su quello economico».

Intanto però, nel Donbass, nonostante il cessate il fuoco, si registrano sporadici combattimenti. Sono continuati per tutta la giornata di ieri gli scontri nell’area dell’aeroporto di Donetsk, con le milizie che hanno respinto i tentativi del battaglione Pravyj sektor di sottrarsi all’accerchiamento. Lo scontro era iniziato lunedì sera, con l’esercito ucraino che tentava di alleggerire la morsa delle milizie – queste assediano l’aeroporto dal 31 agosto – sui volontari filonazisti, colpendo con nutriti tiri di mortaio la parte meridionale della città, tanto che, anche ieri, si sono dovuti contare morti tra la popolazione civile.

E mentre la Rada approvava in seconda lettura la legge sulla lustratsija, a Mosca il Ministro delle difesa Shojgu annunciava che l’acutizzazione della situazione in Ucraina e la crescente presenza militare straniera alle frontiere russe impongono alla Russia di portare correttivi al Distretto militare meridionale, con particolare riferimento alla Crimea.