Nell’est dell’Ucraina si continua a combattere. Sono due le battaglie in corso, una militare, vera, con raid aerei, bombardamenti e morti, l’altra è di propaganda. Numeri, notizie non confermate, immagini che a volte risultano appartenenti ad altri contesti, ad altre date, altre situazioni, quando non esplicitamente false.

Ieri Kiev, attraverso il portavoce delle forze militari che conducono le operazioni a est, ha diffuso una nota nella quale affermava che almeno 300 filorussi sarebbero stati uccisi nelle ultime 24 ore ed altri 500 sarebbero rimasti feriti. Se fosse vero si tratterebbe di un dato clamoroso, che conferma le azioni militari a tutto spiano effettuate da Kiev, anche se non combacia con le notizie che provengono dalle regioni orientali, che danno i militari di Majdan completamente allo sbando. Sicuri sono i 14 morti – la maggioranza civili – dopo l’attacco aereo a Lugansk, i cui nomi stanno facendo il giro del web.

E dalle regioni orientali ieri è arrivato un altro annuncio: i miliziani filorussi hanno reso noto di aver abbattuto nelle ultime 24 ore tre elicotteri nella regione di Donetsk e di aver conquistato due basi militari in quella di Lugansk, una delle guardie di frontiera e una della Guardia nazionale, dopo una serie di combattimenti cominciati nei giorni scorsi. Siamo nella prima guerra che vede i social network come strumento di propaganda e di diffusione delle notizie; non a caso questa notizia è stata resa nota dall’account twitter della Repubblica popolare di Donetsk.

Diversa invece è stata la versione fornita sul proprio sito internet dal servizio delle guardie di frontiera, secondo cui il personale della base, che si trova alla periferia di Lugansk, è stato «trasferito in luoghi più sicuri».

La Guardia nazionale – come riporta l’Ansa – ha invece reso noto sul proprio sito che una sua caserma a Lugansk è finita ieri sotto il tiro di mortai, granate e armi d’assalto dopo che i soldati avevano respinto un ultimatum ad arrendersi da parte dei ribelli: «tre militari sono rimasti feriti e tutto l’edificio è andato distrutto nel combattimento, insieme ai veicoli della base, mentre secondo un portavoce dei filorussi i soldati si sono arresi e hanno ottenuto di tornarsene a casa».

Fin dall’inizio Majdan ha saputo sfruttare al massimo la potenza dei social network, tanto da rendere perfino gli account dei gruppi neonazi una fonte che molti media internazionali hanno fin da subito considerato imparziale. Con l’allargarsi della crisi alla Crimea, ma soprattutto con l’inizio della vera e propria guerra civile in corso nelle regioni orientali, la potenza dei social network ha finito per diventare uno dei temi salienti del conflitto.

Nel frattempo- complice la visita di Obama a Varsavia e il G7 a Bruxelles, sembrano rimettersi in moto timidi segnali di ripresa di un confronto diplomatico. Ieri il nuovo presidente ucraino, Petro Poroshenko, avrebbe promesso un’amnistia e un decentramento regionale del potere nel suo paese, con l’intenzione di dare vita ad un vero e proprio processo di pace, capace di redimere le divisioni in Ucraina, come ha spiegato il tycoon in una conferenza stampa a Varsavia, dove ha incontrato Barack Obama, a pochi giorni dalla sua investitura ufficiale, in programma per sabato a Kiev.

Il modello di decentramento, ha aggiunto Poroshenko, sarà basato su quello introdotto con successo in Polonia 25 anni fa. Parole distensive che sono arrivate anche da Valdimir Putin. Il presidente russo sarebbe pronto al dialogo con Barack Obama, dopo che le comunicazioni tra i due si erano interrotte nelle settimane scorse a causa della crisi ucraina e dell’annessione russa della Crimea. A dirlo è stato lo stesso presidente russo in un’intervita alle televisioni francesi, alla vigilia del suo arrivo a Parigi, da dove poi si sposterà in Normandia per la partecipazione all’anniversario dello sbarco in Normandia.

«È una sua decisione – ha detto Putin -io sono pronto al dialogo». Il leader del Cremlino ha poi espresso l’auspicio che l’attuale situazione di tensione tra la Russia e l’Occidente non si trasformi in una nuova guerra fredda. Ma «non è un segreto che la politica americana sia la più aggressiva e la più dura», ha aggiunto, ricordando che la Russia, a differenza degli Stati Uniti, non ha truppe dispiegate all’estero. E nella serata di ieri, contrariamente a quanto sostenuto da diplomatici europei, è circolata una bozza di comunicato finale del G7 che potrebbe bloccare tutto questo processo. I toni, diffusi da una fonte americana, sarebbero di condanna nei confronti della Russia, riguardo la crisi ucraina e minaccerebbero nuove sanzioni. Gli Usa quindi non si fermano e continuano a spingere. Vedremo quanto conterà – in questa nuova partita – l’Europa.