Mentre da Berlino Angela Merkel telefonava a Vladimir Putin per concordare l’agenda del forum «Asia-Europa», in programma a Milano il 16 e il 17 ottobre, dove è previsto un incontro Putin-Merkel-Hollande-Poroshenko, nel Donbass si fanno previsioni sulle mosse del presidente ucraino. Archiviato il licenziamento del ministro della difesa Valerij Gheletej (il quarto della presidenza Poroshenko), nella Novorossija danno per certo un attacco ucraino. L’incognita è quando: prima delle elezioni del 26 ottobre, o dopo, con la conferma delle urne? Se Gheletej è stato il capro espiatorio preelettorale per gli smacchi dell’esercito di Kiev, Poroshenko ancora ieri dichiarava che «di un rientro dei nostri soldati dalla zona anti-terrorismo non si può neanche parlare. Le frontiere dell’Ucraina sono sacre, non cederemo di una zolla. Ristabiliremo la sovranità su ogni metro quadrato». Di fatto, ieri più intense sparatorie si sono verificate presso Debaltsevo, mentre domenica a Donetsk ci sono state 16 vittime: 12 civili, tra cui sei donne e un bambino e quattro miliziani.

E come si inquadra in tutto ciò l’ordine impartito da Putin per il rientro agli acquartieramenti permanenti dei 17.600 militari russi che avevano preso parte alle esercitazioni estive nella regione di Rostov sul Don? Possibile che, mentre pubblicamente si dà per certo l’attacco ucraino al Donbass, quella che era stata presentata dai media occidentali come «forza di invasione» russa scalpitante ai confini ucraini se ne torni a svernare lontano? Ha senso ciò – sempre teorizzando di un piano di «aggressione» russo – considerando che il nuovo ministro della difesa di Kiev Stepan Poltorak è stato fino a ieri comandante della famigerata Guardia nazionale che, insieme ai battaglioni neonazisti, si sarebbe macchiata di massacri di civili nel Donbass? Poroshenko ne ha proposto la candidatura alla Rada (già oggi discussa) per la sua «integrità e decisione nello sviluppo della Guardia nazionale e per il forte spirito combattivo». La sua autorità sembra indiscussa tra i soldati, a differenza del predecessore, accusato di non aver fatto nulla per liberare i reparti intrappolati nella sacca di Ilovajsk, lo scorso agosto, che costò a Kiev oltre cento tra morti e feriti e numerosi mezzi corazzati. Il licenziamento di Gheletej-parata (così era soprannominato: durante la battaglia di Ilovajsk, lui se ne stava in parata a Kiev) è atteso da allora.

E ieri il leader di Novorossija Pavel Gubarev è rimasto vittima di un attentato: la sua auto è stata centrata da colpi di mitra. All’inizio si è parlato di contrasti interni alla leadership; in serata, il suo entourage puntava il dito su sabotatori ucraini.