Kiefer Sutherland torna protagonista del reboot della serie cult che più di ogni altra ha incarnato l’immaginario fiction dell’era «antiterrorista».

Quale è stato il primo pensiero quando le hanno chiesto di tornare a interpretare Jack Bauer?

Inizialmente mi sono francamente chiesto se valesse veramente la pena riaprire questa pratica. Avevamo finito otto stagioni ed eravamo orgogliosi di ciò che avevamo fatto – perché ricominciare? Ma la verità è che secondo me non avevamo mai davvero prodotto una stagione perfetta. Ogni anno ci avvicinavamo un po’ di più ma c’era sempre, nel ciclo «naturale» dei 24 episodi, un momento in cui dovevamo asservire la trama alle esigenze del format. Accadeva di solito fra gli episodi numero 13 e 14, quando bisognava cominciare a pensare a come plausibilmente terminare la storia. Quindi l’idea di utilizzare ora un formato di soli 12 episodi mi sembrava liberatorio. In altre parole gli episodi ora sono sempre strutturati in tempo reale, ma se vogliamo che Jack vada a Parigi a cercare informazioni, possiamo concludere una puntata con Bauer che sale su un treno e cominciare la quarta con Bauer mentre scende dal treno a Parigi. Col vecchio formato saremmo stati costretti a passare due puntate a guardare Jack che mangiava noccioline in treno.

Rispetto ai cicli precedenti cos’ha in comune con la vecchia serie la nuova 24?

Intanto Jack Bauer sta per vivere una giornataccia! (ride). Non è certo Tutti Insieme Appassionatamente non ci sono numeri musicali, e questa è una. E poi c’è la propulsione temporale della trama. Le mie fonti dicono che il presidente verrà assassinato a tale ora e devo cercare di impedirlo a tutti i costi. E l’orologio va. È la struttura fondamentale del nostro programma. In questo contesto si moltiplicano le opportunità per delle divagazioni, delle storie collaterali. Fermo restando che deve rimanere sempre nelle vicende raccontate, un senso di pericolo e di minaccia incombente con Jack Bauer sempre lì in prima linea pronto a dare la vita…

Com’è cambiato nel frattempo il personaggio di Jack?

È rimasto isolato per quattro anni, non ha visto la sua famiglia, ha subito il pesante ostracismo dal paese che ha giurato di proteggere. Ha dovuto ripensare le sue scelte cercando di capire se le vicende passate potevano prendere un’altra piega. Ma la cosa che mi piace di Jack, di questo personaggio, è che in cuor suo le intenzioni sono sempre state buone. Voi tutti avete potuto vivere con lui «in diretta» le decisioni che ha dovuto prendere. E alcune di quelle scelte non si sono rivelate quelle giuste. E in definitiva ha dovuto subirne le conseguenze. Per questo quando lo ritroviamo ora cova molta rabbia.

Che rapporto ha avuto 24 con la realtà geopolitica?

È una questione complicata, che è maglio raccontare dall’inizio. Quando Joel Surnow e Bob Cochran inizialmente hanno scritto 24, doveva trattarsi di pura fiction magari ispirata a fatti di cronaca. Ma dopo sei mesi di riprese ci siamo trovati a dover rimontare la prima puntata a causa delle terribili vicende dell’11 settembre. Nel nostro copione c’era una terrorista che per entrare nel paese si paracadutava da un aereo civile e lo faceva esplodere; sei mesi dopo guardavamo tutti quegli aerei schiantarsi realmente nel World Trade Center. Chiaramente anche la minima somiglianza era orribile al punto che nessuno voleva più continuare col programma. Per settimane ci siamo chiesti ‘come possiamo andare avanti?’ I plot della seconda stagione prevedevano trame in cui si faceva riferimento alle armi chimiche. E sui giornali arriva la notizia del terrorista preso con l’antrace al confine col Canada. Poi le spie cinesi….sembrava che ogni cosa inventassero gli sceneggiatori fosse destinata ad avverarsi sei mesi dopo. Per questo reboot abbiamo deciso di spostare la trama verso questioni più politiche, temi che hanno provocato vero dibattito. Ci siamo occupati dei droni e la legittimità del loro impiego, se è giusto avere robot volanti armati nei cieli. L’altra è rappresentata da un personaggio liberamente ispirato a Julian Assange che solleva la questione della trasparenza e della libertà di informazione. Abbiamo intenzionalmente cercato di includere quel dibattito nella nostra storia. Gli autori hanno in qualche modo voluto approfittare della verosimiglianza del programma per sollevare questioni anche morali. Detto questo Jack Bauer rimane essenzialmente apolitico – il suo movente è semplice: compiere la sua missione e proteggere chi gli è stato affidato.

E Kiefer Sutherland ha un opinione su wikileaks?

È una questione molto complicata. Jack Bauer non è contrario a rendere pubblici documenti riservati, ma è contrario a farlo in modo indiscriminato e tutto sommato anch’io la penso così. È una questione ambigua – siamo d’accordo sul valore della trasparenza, ma sono scettico che se un giornale pubblica 200mila documenti possa davvero esaminarli al punto di essere certo che questo non nuocia a nessuno. Ci vorrebbero 15 anni per vagliarli con attenzione sufficiente per proteggere gli innocenti. Credo che degli effetti collaterali siano inevitabili, effetti negativi su chi ha lavorato nel campo del controspionaggio. Perché credo sia ingenuo credere che ciò non avvenga, che i 10 paesi più potenti al mondo non si siano sempre spiati. Se non lo credete forse non avete letto abbastanza romanzi di Ken Follett quando avevate 12 anni…