«Aspettiamo di vedere l’esito delle indagini. Hanno promesso che non ci saranno eccezioni nel perseguire I responsabili. Mi hanno dato la loro parola». Mike Pompeo ieri ha cercato di presentarsi come un modello di fermezza rispondendo alle domande dei giornalisti sulla possibilità che l’Amministrazione Trump adotti misure punitive nei confronti della famiglia reale saudita nel caso alcuni dei suoi membri risultassero coinvolti nella scomparsa del giornalista dissidente Jamal Khashoggi. Ma non ha convinto nessuno. I sorrisi e le strette di mano calorose che l’altro giorno hanno fatto da contorno all’incontro tra il Segretario di stato Usa e il re saudita Salman indicano la volontà dell’Amministrazione di non innescare tensioni con l’alleata di ferro Riyadh mentre in ballo ci sono decine di miliardi di dollari che i sauditi sono pronti a versare nelle casse delle industrie belliche americane. D’altronde è stato Donald Trump ad ipotizzare che dietro la scomparsa di Khashoggi potrebbero esserci “criminali comuni” mentre è chiaro che il giornalista è scomparso dopo essere entrato nel consolato saudita a Istanbul lo scorso 2 ottobre. Quindi non ha nulla da temere il giovane e potente erede al trono saudita, Mohammed bin Salman, indicato da più parti come il mandante dell’omicidio di Khashoggi.

Ieri, alla ricerca di tracce (sangue, dna e altro) di Khashoggi, sono entrati nella residenza del console saudita a Istanbul, Mohammed al Otaibi, gli investigatori giunti da Riyadh per svolgere le «indagini accurate» promesse da re Salman. Altrettanto hanno fatto poco dopo gli inquirenti turchi. L’esito dei rilievi si conoscerà solo tra qualche giorno. Intanto un giornale turco, Yeni Safak, ha pubblicato un raccapricciante resoconto dell’assassinio di Khashoggi compiuto nel consolato saudita. Facendo riferimento a una registrazione audio della presunta uccisione giunta in redazione, il giornale turco ha scritto che il giornalista è stato duramente torturato. Secondo il giornale il console saudita al Otaibi – tornato martedì a Riyadh – ha esortato uno dei torturatori «a farlo all’esterno» dell’edificio «per non metterlo nei guai». L’uomo ha risposto «Stai zitto se vuoi vivere quando ritornerai in Arabia Saudita». Un video delle telecamere di sorveglianza diffuso nei giorni scorsi mostra che diverse auto diplomatiche saudite si sono recate a casa del console poco dopo l’ingresso di Khashoggi nel consolato saudita a Istanbul.