Dopo Tobruk, anche Tripoli tuona contro un secondo intervento internazionale in Libia dal 2011, reso più probabile con l’approvazione del piano dell’Unione europea che prevede incursioni in acque territoriali libiche con il pretesto di fermare i flussi migratori.

«La risposta non è bombardare le navi, procedere ad attacchi non autorizzati ma dialogare per risolvere un problema che colpisce sia la Libia sia l’Europa», sono le parole dell’intervista di ieri a The Independent di Khalifa al-Ghweil, premier in pectore nel governo di Tripoli dopo le dimissioni dello scorso marzo, presentate da Omar al-Hassi.

È bene ricordare che l’avvicendamento ai vertici dell’esecutivo tripolino non è stato avallato da un voto parlamentare e anche qui, come a Tobruk, la battaglia per il potere resta aperta all’interno della fazione a maggioranza islamista, appoggiata dalle milizie di Misurata e dal Qatar.

Le dichiarazioni del premier del governo della Tripolitania Ghweil sono arrivate all’indomani delle dichiarazioni di Fabrice Leggeri, direttore dell’agenzia Ue per la gestione delle frontiere esterne, Frontex, che aveva confermato che navi e portaerei europee non sono «mai state così vicine alle acque libiche prima d’ora». Leggeri ha anche aggiunto che l’operazione di salvataggio di migranti più vicina alle coste libiche è avvenuta a 40 miglia nautiche dalla Tripolitania.

Ghweil ha poi insistito affinché la comunità internazionale riconosca il parlamento di Tripoli come unica autorità legittima: «Controlliamo l’85% del paese, l’Occidente deve parlare con noi di immigrazione, Stato islamico (Isis) per assicurarsi che le cose non peggiorino ulteriormente».

Il premier in pectore ha anche sottolineato come il tentato omicidio del premier di Tobruk, Abdullah al-Thinni, di due giorni fa, dimostri l’estrema divisione del governo della Cirenaica.

Eppure Ghweil non sembra sottovalutare la forza dello Stato islamico a Derna e Sirte. «Sono sostenuti dai pochi che restano fedeli al vecchio regime, come Ahmed Gheddafi al-Dam, cugino del colonnello», ha ammesso. Ma per Ghweil il vero nemico per la stabilizzazione della Libia è l’ex generale, il golpista Khalifa Haftar: «È un vero criminale di guerra. Ha distrutto Bengasi, le sue truppe hanno ucciso molte persone innocenti». Il governo di Tripoli ha puntato molto sui colloqui di pace, sponsorizzati dalle Nazioni unite, e minati dai continui attacchi contro la Tripolitania di Haftar. «Siamo impegnati nel processo di pace e presto ci saranno dei risultati. Ma Tobruk continua a sostenere questo criminale (Haftar, ndr) che sta causando un danno grave continuando a chiedere a paesi stranieri (Egitto, Arabia saudita, ndr) di interferire negli affari libici.

È un traditore della Libia», ha concluso Ghweil.

In riferimento al ruolo dell’Ue in Libia ancora una volta il ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni ha ricordato il ruolo centrale dell’Italia nel paese. Per il capo della Farnesina il primo punto nell’agenda di politica estera è combattere Isis nel Mediterraneo. «La battaglia contro Isis non è solo sul piano militare. Il successo richiede l’esaurimento del flusso di risorse finanziarie del gruppo», ha aggiunto senza confermare le rivelazioni di Wikileaks su un imminente attacco dell’Ue in Libia con il pretesto dei flussi migratori.