Pur essendosi esibita in Europa e negli Stati Uniti, Khaira Arby, morta prematuramente nel 2018, non aveva raggiunto una particolare notorietà internazionale, nemmeno fra il pubblico della world music: ma è stata una figura importante della musica maliana degli ultimi decenni, e a tre anni dalla scomparsa un album dal vivo registrato oltre Atlantico nel 2010, New York Live, pubblicato dalla Clermont Music, arriva opportunamente a ricordarci la sua arte.
Nata nel 1959 ad Abaradjou, nei dintorni di Timbuctu, da padre berabiche, come sono chiamati gli arabo-berberi del Nord del Mali, e madre tuareg nera, Khaira Arby manifesta del tutto spontaneamente il suo talento: nessuno in famiglia fa musica.

Ma a soli dieci anni, nel ’70, Khaira comincia a cantare con un gruppo culturale locale, e viene poi subito presa da una formazione di Timbuctu. All’epoca in Mali la politica governativa, anche per favorire la coesione nazionale, promuove lo sviluppo di compagini musicali e la valorizzazioni dei talenti, e in breve Khaira viene cooptata come solista in una troupe regionale di Gao, 400 chilometri più ad est: il padre non vuole lasciarla andare, ed è risolutivo l’intervento di funzionari del ministero della cultura. Già nel ’70, con la formazione di Gao Khaira partecipa alla competizione biennale nella quale gareggiano i migliori ensemble tradizionali e moderni di tutto il Mali. Poi nel ’72 è ingaggiata dalla Orchestre de Tombouctou, una formazione moderna di musica da ballo, e nel ’74 viene scelta per rappresentare Gao alla biennale nella capitale Bamako, e si afferma al terzo posto fra i cantanti. Ma la sua precoce carriera viene presto interrotta: il padre non gradisce che Khaira canti, e vuole darle marito. Nel ’76 Khaira lascia l’Orchestre de Tombouctou e si sposa.

NELL’83 divorzia: come Khaira Arby ha avuto più volte occasione di spiegare, il motivo fondamentalmente è che anche il marito non le permette di esprimere la sua vocazione. A riprendere la sua carriera è aiutata da Ali Farka Touré, cugino acquisito: in rete è reperibile la registrazione di una sua esibizione, accompagnata dalla ipnotica chitarra di Touré, a casa del governatore della regione di Ségou, verso la metà degli ottanta. Nel ’90 esce il suo debutto, Moulaye, esempio pionieristico di cassetta pubblicata da una cantante del nord del Mali: più in generale Khaira Arby sarà una delle prime cantanti maliane ad affermarsi sulla scena nazionale. Del ’90 è anche l’inizio della seconda rivolta tuareg: nelle canzoni di Khaira Arby, di origine mista e cresciuta in un crocevia di culture come Timbuctu, le preoccupazioni per la pace e l’unità del paese saranno un tema ricorrente e non rituale delle sue canzoni.

Al suo successo in Mali contribuiscono diversi fattori: una voce di carattere, forte, agile; un repertorio in diverse lingue: il songhai, il bambara, il tamashek dei tuareg, l’arabo; una musica a cavallo di tradizione e modernità, con strumenti tradizionali ma anche con una spregiudicata vena elettrica; uno stile che fa dialogare il Mali del nord e del sud, e che tiene conto dei contributi di diverse etnie, facendole sentire tutte accolte dentro una identità più generale; i contenuti delle canzoni, con testi critici nei confronti del governo e della corruzione o su temi sensibili come quelli dell’emancipazione delle donne e delle mutilazioni genitali femminili.

A LIVELLO internazionale, a lanciarla è nel 2003 la partecipazione al Festival au désert, di cui negli anni successivi sarà una habitué. Nel 2010 poi arriva la sua prima tournée negli Stati Uniti. New York Live fotografa il temperamento della cantante, l’incisività ritmica della sua musica, l’effervescente intreccio degli strumenti, la travolgente chitarra elettrica di Dramane Touré; fra i brani Youba parla delle condizioni di lavoro semischiavistiche nelle miniere di sale, Ferene denuncia la pratica dell’excisione, Salou rende omaggio al Profeta.

Per Khaira Arby, così legata a Timbuctu, gli ultimi anni sono stati di esilio nel proprio paese. Nel 2012, con l’occupazione jihadista del nord del Mali lei e la sua famiglia vengono minacciati di morte e la sua strumentazione è distrutta, e Khaira Arby si rifugia a Bamako, e partecipa alla realizzazione del brano Mali-Ko, un appello alla pace che coinvolge molti dei più importanti artisti maliani, fra gli altri Kasse Mady, Amadou e Mariam, Oumou Sangare, Habib Koite, Fatoumata Diawara, i rapper Master Soumi e Iba One, e la star ivoriana Tiken Jah Fakoly.

Dopo l’intervento francese Khaira Arby è tornata in qualche occasione nella sua città anche a esibirsi, ma la situazione le ha impedito di farlo stabilmente. Quanto all’odio dei jihadisti per la musica, in una intervista del 2016 con «Libération» aveva commentato: «Il Profeta fu accolto con canti quando arrivò alla Mecca. Toglierci la musica è come impedirci di respirare. Ma continueremo a batterci, e andremo avanti, inshallah».