Il segretario di Stato americano John Kerry ha incontrato la leadership cinese, all’interno di un viaggio che ha già previsto una tappa coreana e che proseguirà in Indonesia ed Emirati Arabi. Kerry si è confrontato con Xi Jinping, il Presidente della Repubblica popolare, con il primo ministro Li Keqiang e con il ministro degli esteri di Pechino; secondo la stampa americana l’argomento principale della discussione doveva essere la Corea del Nord e la sua temuta forza nucleare, ma è chiaro che l’incontro è stato presumibilmente un motivo in più per confrontarsi circa i recenti scontri diplomatici.

Stando alle prime informazioni a seguito del meeting, pare che l’argomento più caldo non sia stato toccato, ovvero quello che riguarda le relazioni tra Cina e Giappone, arrivato ad un nuovo livello di guardia negli ultimi mesi. Le isole contese, la creazione di un’area di identificazione di difesa aerea (Kerry ha chiesto informazioni riguardo una nuova Adiz nel mar cinese meridionale, paventata nelle settimane scorse proprio da Tokyo, ma pare che la risposta di Pechino sia stata piuttosto evasiva) e la recente visita di Abe al santuario dei martiri di guerra, criminali per i cinesi, ha creato una situazione incandescente tra Pechino e Tokyo (per quanto i media cinesi stiano sottolineando come dalle città principali del paese sia addirittura aumentato il turismo verso il Sol Levante). Kerry ha invitato a mantenere toni «tranquilli», cercando di barcamenarsi in una situazione delicata anche per gli Stati Uniti.

Sia la Cina, sia gli Usa, al di là delle dispute commerciali e di una rivalità ormai su scala mondiale, che vede però le due economie principali al mondo strettamente connesse l’una all’altra, hanno lo stesso obiettivo: mantenere stabile l’area. Non a caso Washington aveva preso in malo modo la decisione di Abe di visitare il santuario shintoista Yasukuni, specie dopo l’invito – non rispettato dal premier giapponese – arrivato dai diplomatici americani a evitare il gesto. Analogo l’approccio cinese con la Corea del Nord, di cui stando a quanto rilasciato da fonti cinesi, l’intelligence cinese è sempre meno informata su quanto sta accadendo all’interno del paese, specie dopo la purga dello zio, ed ex numero due del regime di Kim jong-un. La Cina riguardo la Corea del Nord, ha rassicurato Kerry e ha mutato il proprio atteggiamento, attraverso critiche aperte a Pyongyang. Deve però passare del tempo prima che venga meno l’idea che la funzione di cuscinetto del paese, sia ancora una risorsa fondamentale nell’opera di argine nei confronti dell’attività e della presenza Usa nell’area.

Le due potenze economiche – quindi – sembrano avere a che fare con alleati scomodi, ma che per forza maggiore non possono essere scaricati, pena un cambio degli equilibri che potrebbe avvantaggiare i rivali. Pechino ha un altro problema, il contrasto della strategia pivot to Asia di Obama. La visita di Kerry del resto anticipa quella che svolgerà, nei prossimi mesi nella stessa area, il Presidente Usa.

Anche per questo la Cina ha sottolineato quanto già rimarcato durante la visita – informale – di Xi negli Stati uniti del giugno 2013: la relazione tra i due paesi è un rapporto tra pari. Kerry ha auspicato che la Cina non produca più misure unilaterali come la zona di identificazione di difesa aerea e ha chiesto che Pechino agisca in misura più trasparente. Dal canto suo, il ministro degli esteri cinese Wang Yi ha chiesto agli Stati uniti di rispettare la sovranità e gli interessi cinesi nel mar cinese meridionale e orientale.

Sul fronte cinese, infine, da segnalare una nuova operazione «anti terroristica» delle forze di polizia di Pechino, nella regione autonoma a maggioranza musulmana dello Xinjiang: 11 persone sarebbero state uccise.