Il ciclo elettorale del Kenya dovrebbe terminare il 30 gennaio con il giuramento di Raila Odinga, leader della coalizione di opposizione Nasa, come «presidente del popolo». È l’ultimo di una serie di eventi in seguito alle elezioni dell’8 agosto vinte in un primo momento da Uhuru Kenyatta, poi annullate dalla Corte suprema, riconvocate per il 26 ottobre, boicottate dall’opposizione per assenza di trasparenza e credibilità del processo elettorale, e infine vinte dal presidente uscente Uhuru Kenyatta. Elezioni rubate, secondo Raila Odinga che lo «costringono» ad andare avanti per il popolo.

La decisione non è stata indolore per l’opposizione, segnata da fratture interne con gruppi che non condividono la linea politica del leader e che si sentono chiamati solo a «ratificare decisioni già prese» e se fanno troppe domande diventano «traditori». Ad esempio il passaggio di trasformare la National Super Alliance (Nasa) in National Resistance Movement (Nrm) è stato fatto senza consultazioni adeguate. Questioni anche di strategia, alcuni parlamentari fanno notare che anche in Uganda nel 2106 le elezioni furono contestate e il leader dell’opposizione Kizza Besigye prestò giuramento, ma alla fine con quale esito?

Inizialmente Raila avrebbe dovuto prestare giuramento il 28 novembre, lo stesso giorno del presidente eletto, mettendo in evidenza il parallelismo tra il «presidente del popolo» e il «presidente dell’elité», ma poi si era pensato alla data simbolica del 12 dicembre, festa dell’indipendenza del Kenya, anch’essa saltata, fino ad arrivare al 30 gennaio. Raila ha dichiarato che «il Kenya non può permettersi di essere governato da un presidente illegittimo non eletto dal popolo». Poi ha proseguito: «Noi possiamo essere un governo anche in esilio». Tuttavia, sostengono pacatamente diversi osservatori indipendenti, «i leader del Nasa se ritengono che le elezioni di agosto non sono state valide devono tirare fuori le prove».

Le domande dentro il Nasa sono molte: «Saremmo in grado di controllare la folla? Se la gente cercherà di marciare fino alla State House ci sarà il rischio di un bagno di sangue? Siamo pronti ad assumerci la responsabilità della perdita della vita dei cittadini invano? Se siamo movimento di resistenza significa che stiamo andando nella boscaglia per combattere?» Questioni legittime, anche perché il governo finora non ha esitato a utilizzare l’esercito. Domande che sembrano turbare lo stesso Raila Odinga dopo la richiesta dell’ambasciatore statunitense Robert Godec di abbandonare il giuramento «incostituzionale» per un dialogo strutturato. Ma secondo il ragionamento del leader del Nasa «non siamo noi a violare la Costituzione, ma l’illegittimità del governo».

I governi occidentali «hanno preferito la stabilità alla democrazia». L’opposizione pare schiacciata da un eccesso di manovre e di espedienti come se fosse in una fase di pre-campagna elettorale mentre i giochi sono finiti. Il governo ha chiuso Uhuru Park (luogo previsto per il giuramento) per lavori: si prepara la prova di forza. Intanto la gente inizia a pregare tuombee Kenya yetu na viongozi wetu (preghiamo per il Kenya e i nostri leader): non dimentichiamo il soffio degli antenati.