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Kenya, Silvia non si trova, la polizia se la prende con i residenti

Kenya, Silvia non si trova, la polizia se la prende con i residentiRiunione di cittadini a Bilisa, nel distretto di Garsen, dove la polizia pensa si nasconda la banda che ha sequestrato Silviano Romano

Kenya Denunce di violenze e arresti arbitrari in Kenya nella caccia ai rapitori della volontaria

Pubblicato quasi 6 anni faEdizione del 19 dicembre 2018

Ventotto giorni dopo il rapimento della cooperante italiana Silvia Costanza Romano, avvenuto in Kenya nel villaggio di Chakama lo scorso 20 novembre, la ricerca sembra approdare a una fase 2, che prevede violenza sulla popolazione civile. Le indagini segnano il passo e l’esercito ha arrestato almeno 100 persone. Ma i residenti della regione accusano la polizia di brutalità: sono terrorizzati e hanno spiegato alla stampa locale che non si fidano più dei responsabili della sicurezza.

LA POLIZIA NEI GIORNI SCORSI ha avviato una campagna di arresti a tappeto: uomini, donne, bambini, capi villaggio: «E non sappiamo il motivo» ha dichiarato al quotidiano The Standard un anziano del villaggio di Chara. Un altro è rimasto esterrefatto dal comportamento degli agenti: «Gente frustrata, che senso ha arrestare i bambini di 10 anni e donne che allattano? Sono scioccato».

Centinaia di agenti di polizia e militari hanno circondato i villaggi di Chara e Bilisa, nel distretto di Garsen, dove si pensava fosse detenuta la ragazza, che tuttavia, non è stata trovata. «Sono arrivati i poliziotti e hanno fatto molte domande. Hanno chiesto se avessimo visto visitatori in giro e abbiamo detto loro che non avevamo visto nessuno – ha dichiarato la signora Fatma Ali -. Poi ci hanno portato alla stazione di polizia di Minjila».

«CI HANNO DETTO di tirare fuori la mzungu (bianca, ndr) che, secondo loro, avevamo rapito, e ci hanno picchiato» ha raccontato ai giornalisti locali Halima Hassan, ricordando che «se il cane ruba non si tagliano le orecchie alla capra». Arrestati anche sette anziani della comunità di Garjal. La polizia temendo la fuga dei rapitori verso la Somalia ha bloccato la navigazione sul fiume Tana.

LA SCORSA SETTIMANA, durante le celebrazioni del Jamhuri Day (Festa della Repubblica) i rappresentanti delle istituzioni avevano invitato la popolazione a collaborare con gli investigatori per favorire la liberazione della cooperante italiana.

Il governatore della regione Dhadho Gaddae Godhana ha condannato il rapimento dichiarando che «si tratta di un grave danno per l’immagine della nostra comunità» e ha invitato i cittadini a collaborare con le autorità per far sì la ragazza sia liberata al più presto. Ha poi fatto un appello ai rapitori per il rilascio: «Esorto la comunità e le persone coinvolte a sedersi, parlare e liberare la ragazza rapita».

Della scorsa settimana anche l’arresto di un ufficiale del Kenya Wildlife Service (una guardia forestale) e di uno dei tre presunti sequestratori, Ibrahim Adan Omar (la persona che aveva affittato la stanza della Chakama Guest House vicino alla struttura della onlus Africa Milele), arrestato dagli agenti nel villaggio di Bangale nella contea di Tana River. In cella sono finiti anche due poliziotti che avrebbero aiutato i sequestratori.

CONTINUANO I CONTROLLI serrati, infine, sui mezzi diretti verso la Somalia, ma il confine è lungo 682 chilometri e la recinzione eretta dal Kenya è solo di 5,3 chilometri.

La contea di Kilifi pare essere al centro di più questioni che non si riescono a districare. Nei giorni scorsi è stato ucciso a colpi di arma da fuoco da sconosciuti l’ex governatore Kennedy Kamto mentre entrava nella sua abitazione.

Invece, i rapitori di Silvia Romano, secondo quanto riferito dal parroco di Chakama, Joseph Wesonga, avrebbero ucciso un pescatore che aveva visto il gruppo con la ragazza italiana lungo le rive del fiume Galana. Droni, uomini, mezzi e giornalisti, in una storia che doveva essere «lampo» un mese fa.

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