[ACM_2]È di almeno 65 morti il bilancio del duplice attacco in due città costiere al confine tra il Kenya e la Somalia nelle notti a cavallo tra domenica e martedì scorsi. Un massacro di civili e forze dell’ordine a cui si aggiunge il rapimento nella giornata di ieri di almeno 12 donne. 15 le vittime del raid di lunedì nel villaggio di Poromoko, il giorno dopo la spedizione punitiva di domenica sera nella vicina città di Mpeketoni, nel Lamu, contro tre alberghi, un distributore di benzina, una stazione di polizia e la caccia porta a porta che ha fatto 50 morti risparmiando solo fedeli di credo musulmano di nazionalità somala.

Gli attacchi sono stati rivendicati dal gruppo armato somalo Al-Shabaab con un comunicato che ha dichiarato il Kenya «ufficialmente una zona di guerra» e messo in guardia i turisti di stare lontano dal Paese. «Abbiamo fatto irruzione nei villaggi intorno Mpeketoni di nuovo la notte scorsa» ha reso noto ieri lo sceicco Abdiasis Abu Musab, portavoce per le operazioni militari di Al-Shabaab, rivendicando l’uccisione di 20 persone in maggioranza poliziotti e aggiungendo: «Le nostre operazioni in Kenya continueranno». In una dichiarazione di lunedì Al-Shabaab aveva definito l’attacco una vendetta per «la brutale oppressione e la continua invasione militare del Kenya in Somalia».

Il Kenya ha invaso la Somalia meridionale nel 2011 con l’Operation Linda Nchi ( Defend the Country ) contro Al Shabaab, considerati la minaccia più importante agli interessi turistici della zona costiera, e a ridosso della cosiddetta «iniziativa Jubaland» pianificata da tempo con l’intento di costruire una zona cuscinetto – in accordo con Etiopia, Sud Sudan e Tanzania – e una regione autonoma per difendere gli interessi del Kenya nella zona di confine con la Somalia.

Con il risultato che da allora una serie di attacchi terroristici di rappresaglia, hanno danneggiato l’industria turistica del Kenya. Una carneficina quella dei giorni scorsi che rianima lo spettro del terrorismo di matrice al-qaedista attraverso le azioni dei miliziani somali di Al-Shabaab. Si tratterebbe dell’attacco più grave dopo quello al centro commerciale del Westgate di Nairobi di settembre 2013 che costò la vita a 67 persone. A non esserne convinto è però il presidente del Kenya Uhuru Kenyatta secondo il quale «L’attacco nel Lamu è stato pianificato, orchestrato e ha politicamente motivato la violenza etnica contro la comunità keniota.

Questo non era un attacco terroristico di Al-Shabaab. Prove indicano che reti politiche locali sono state coinvolte nella pianificazione di questo crimine efferato».