« La più bella inglese della sua generazione», «la voce più sexy dopo quella di Sean Connery», «la Giulietta ideale» (preferita a Scarlett Johansson) in un referendum di Forbes, ogni qualità di Keira Knightley ha un duplice risvolto: figlia d’arte e dei sobborghi londinesi, spleen nei grandi occhi nocciola e sguardo incandescente, romantica e ironica, femminile (anche se lei si definisce «un maschiaccio») e femminista, la bambola di porcellana nasconde un’indole di centrattacco. Non a caso il calcio ne ha fatto una star a 16 anni, con Bend it like Beckham. A 35 anni ha due bambine, Delilah, di un anno, e Edie di 5, avute da James Righton, sposato nel 2013 nel paesino francese di Mazan, cantante e chitarrista dei Klaxons, come lei di doppia tempra: prima di divenire una rockstar, era maestro di scuola alla periferia di Londra. Al culmine di 28 anni di carriera, fittissima di titoli (ha cominciato a 7 anni in A Royal Celebration, « film tv – spiega – sulle nozze di Lady D e del Principe Carlo »), è protagonista di Il concorso («Misbehaviour»), distribuito a Natale dalla BiM nella virtualità di MioCinema e #iorestoinSALA, da oggi in Premium Video on Demand, applaudito a fine agosto alla bella proiezione in piazza del Bif&st a Bari. Prima italiana che seguiva di poco la prima mondiale del film di Philippa Lowthrope a Londra al Central Hotel, dove la star di Anna Karenina, musa di Chanel da una dozzina d’anni, ha sfilato sul tappeto rosso, elegante e disinvolta in una scintillante mise bianca, con mantellina a uncinetto griffata Chanel, cintura di satin, scarpe nere vertiginose, chignon discreto, lo sguardo avvolto da uno smoky-eye molto chic, leggermente rialzato da un tocco di viola a filo con le ciglia inferiori.

Che trucco principesco, Keira Knightley!
Ho quintali di maquillage in faccia oggi, per l’acne … – risponde con una franca risata –. Ormai so come neutralizzare i foruncoli. Ma le proibisco di guardarmi troppo da vicino!

In che cosa si sente vicina al film «Il concorso» (Misbehaviour)?
In tutto! Il film evoca un evento storico, la protesta del movimento di liberazione femminile britannico durante la cerimonia di incoronazione di Miss Mondo 1970, allora seguito in mondovisione da 100 milioni di spettatori. L’invasione di campo in diretta delle femministe per protestare contro un’iniziativa degradante per la donna ha per risultato l’elezione della prima Miss Mondo di colore. Una doppia vittoria: contro l’ideale maschilista di bellezza e contro le discriminazioni razziali. È un film che si aggiunge ad altri che ho interpretato dalla parte dei diritti della donna: The Duchess, icona della moda, molto in anticipo sui tempi, o Colette, che da sola si è fatta spazio nel dominante mondo maschile. L’esplorazione della sua sessualità rimane ancora oggi un atto di coraggio.

Hollywood, dov’è divenuta star, la lascia fredda rispetto alla Gran Bretagna?
È un bel sogno. Da cui occorre periodicamente svegliarsi: in Usa la posizione delle donne è ancora assai fragile. Hollywood ha tanta strada da fare per arrivare alla parità.

Che cosa l’attrae del suo Paese, oltre al fatto che è stato all’avanguardia del femminismo?
Il cattivo gusto: la carta a fiori, l’inclinazione kitsch… Non lascerò mai la Gran Bretagna. Oggi abito a Canonbury, quartiere bucolico a nord di Londra, sulle rive del Tamigi. Un bel passo avanti rispetto alle mie umili origini a Teddington, nel Middlesex. Lavorato duro, ma ho avuto fortuna.

A Canonbury ha vissuto George Orwell. È un suo ‘livre de chevet’?
No, piuttosto Jeanette Winterson, di cui ho adorato Le arance non sono l’unica frutta. Vive sull’isola più grigia e sa darle colori squillanti. È di humor mordace, ha un’immaginazione tipicamente inglese, talora surrealista, e un modo tutto suo di maneggiare la lingua. Da bambina sono stata dislessica e per me è di grande fascino la costruzione letteraria.

Ricordi dell’infanzia?
Non avevamo un cent. A cena, lenticchie, pane e pomodori. E una gran voglia di provvedere al più presto ai nostri bisogni, anche se nessuno si lamentava. Avevo in testa una casa di bambola che popolavo di esseri immaginari o usciti dai libri che mi leggeva la mamma, come Orgoglio e pregiudizio

… che a 22 anni le farà sfiorare l’Oscar.
Sì. È così che è nato il mio desiderio di divenire attrice: oltre che per le mie incursioni a teatro e sui set al seguito dei genitori. Ricordo ancora mio padre che interpreta Dracula… Che terrore! Ho preso presto coscienza dell’insabilità del mestiere d’attore. Mio padre mi ripeteva sempre che bastano due o tre scelte sbagliate e sei finito, dimenticato. Ecco perché con il mio primo grosso guadagno ho comprato un appartamento. Ho sempre avuto paura di ritrovarmi senza un tetto. Da noi, la povertà è dura.

Attrice già a 7 anni: spot, tv, poi teatro e cinema.
A 16 anni ho lasciato il liceo, chiamata per il ruolo di Sabé in Star Wars. Apprendistato sul campo… In teatro, Molière. Al cinema, The hole (con nudo integrale a 16 anni e mia madre che ha preteso set chiuso e che il film uscisse dopo un anno), I pirati dei Caraibi, Seta, fino a David Cronenberg per A Dangerous Method. E tanti film inglesi: di cui mi piace l’ironia inimitabile. La scena di Love Actually dove Hugh Grant, che è un primo ministro, danza di soppiatto, m’ha fatto morire dal ridere. «Di soppiatto» è molto inglese: vergogna di sé e sense of humor sono inestricabili, diceva Laurence Olivier.

Olivier affermava d’essere un attore timidissimo. Lei?
Terribilmente! La sera degli Oscar, mi sono nascosta in un angoletto con la mia famiglia… Quando ho cantato per The Edge of Love, ho dovuto mandar giù due bicchierini di vodka. E tutte le notti che precedono la sfilata sul tapis rouge sono perseguitate dallo stesso incubo: salgo i gradini e mi accorgo di aver dimenticato di mettere l’abito!

Nuda? Al «Financial Times» ha dichiarato: mai più nuda al cinema. Pentita?
Non ho mai fatto nulla che mi creasse disagio. Sono davvero felice del mio corpo, cui devo una vita straordinaria. Ma sono mamma di due bambine: non voglio più stare tutta nuda davanti a una troupe.

Timore di rimbrotti stampa?
Le critiche feroci dei miei compatrioti mi sono necessarie, specie quando mi hanno trovato disastrosa in un film e fanno i cortesi: Oh, eri ‘nice’ … Non c’è niente di peggio di quel ‘nice’. E i giornalisti inglesi non hanno mai smesso di parlarmi della scena della sculacciata in A Dangerous Method! Secondo Cronenberg è perché adorano le sculacciate.

Lei in quanto inglese che cosa adora?
Il nostro cinismo, il nostro humour… Quando sono all’estero, mi manca tutto: anche quell’abitudine all’autoflagellazione di ogni inglese che si rispetti. Ho bisogno di cielo grigio, pioggia, odore d’erba bagnata. Come tutti i miei concittadini, ho un trench con cui sfido la tempesta: ci dà l’impressione d’essere super-arditi (ride)

In che cosa si sente maggiormente inglese?
In questo mio côté ‘tea & scones, marmelade & cottage cheese’. E sono fan di Kate Middleton, senza per questo essere realista. Sono estremamente orgogliosa della nostra musica: i Kinks, i Clash, Led Zeppelin, i Beatles, gli Stones… Amo il whisky, ma ho orrore della birra. E, quando l’ho interpretato in tv, ho adorato Julie Christie nel Dottor Zivago: avrei voluto tutto di lei, la sua malinconia, la sua bellezza da capogiro, il suo talento. E poi… sono matta per il calcio : ovunque mi trovi, mi do da fare per scovare un pub e guardare le partite della mia squadra, West Ham. Da ragazzina, vendevo i biglietti all’ingresso dello stadio.