La traiettoria hollywoodiana di Katie Holmes inizia nel 1997 con un primo ruolo in Tempesta di Ghiaccio di  Ang Lee cui segue il teen drama televisivo Dawson’s Creek e il successo popolare. La ragazza acqua e sapone approda ai blockbuster con Batman Begins di Christopher Nolan. Il successivo matrimonio con Tom Cruise la lancia nel olimpo mondano, un turbine da cui si ritira dopo la separazione  per continuare una carriera «minore» di attrice e madre single. I Kennedy dopo Camelot è la seconda miniserie dopo I Kennedy (2011) in cui interpreta Jacqueline Kennedy Onassis. Holmes ne è anche produttrice esecutiva e regista di una delle quattro puntate.

 
È la seconda volta come Jackie…
Mi ha appassionata scavare più a fondo in lei per questa miniserie. Nella prima serie erano gli anni della Casa Bianca, e quindi una Jackie ancora innocente. Per questo programma è stata necessaria una ricerca  più approfondita, scoprire cosa significasse per lei crescere i suoi figli a New York City e cosa ha passato immediatamente dopo l’assassinio di Bobby. In generale dovevo indagare cosa si prova vivere sotto i riflettori sentendo addosso il peso del mondo. È stato affascinate e sconfortante al tempo stesso, e mi ha fatto capire quanto questa donna sia stata forte.. È stato bello per tutti noi ridare umanità a figure della nostra storia tanto amate, e a una famiglia che è entrata nel mito.

 
Che tipo di ricerche ha fatto per il lavoro sul personaggio?
L’aiuto maggiore è arrivato dalle registrazioni in cui Jackie racconta con la propria voce la sua esperienza di vita alla Casa Bianca. Nastri che dimostrano l’intelligenza ed il suo naturale charme. Ho cercato di catturare questi elementi.

 
 Cosa ha imparato di nuovo su di lei?
Credo soprattutto di aver capito – ed è quello che più mi piace di lei – che aveva una personalità  divertente, che amava ridere. Jackie non prendeva le cose troppo sul serio. Nelle registrazioni di cui parlavo, che tra l’altro sono state rese pubbliche dopo che avevamo girato la prima serie, si intuisce una gioia interiore. E questo forse spiega forse anche come sia riuscita a fare fronte a tutte le tragedie che hanno segnato la sua esistenza. Era nella sua natura, e tra l’altro non è un aspetto che viene quasi mai evidenziato quando si parla di lei, nel modo in cui è stata rappresentata: la vediamo sempre come una vedova avvolta dal cordoglio o una First Lady molto glamour. In realtà era una donna molto alla mano e una vera mamma. Al tempo stesso sapeva di essere una star.

 

 

 

 

Come è stato intepretare questo personaggio?
Sono grata di aver potuto dare vita a una donna che in circostanze così tragiche è riuscita a piangere insieme la mond suo marito e poi suo cognato, sostenendo la famiglia Kennedy in queste terribili circostanze. E spero che la serie riesca a rendere quei momenti umani fra le due cognate che hanno entrambe perso i mariti e si aiutano reciprocamente a superare il loro trauma. È una lezione di vita universale ed è questo che cerco sempre di trovare nelle storie e nei personaggi che interpreto.

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Secondo lei Jackie Kennedy rimane la First Lady per eccellenza?

Credo sia interessante l’evoluzione della figura delle First Lady. Jackie naturalmente trasmetteva glamour e una certa idea di femminilità in un momento in cui avevano molta importanza, e questo le ha permesso di esercitare una grande influenza sul costume dell’epoca. Ma era anche molto intelligente e capace di aiutare il marito nel suo ruolo, e così anche il Paese. In questo Jackie è stata una antecedente di Hillary Clinton, anche lei era perfettamente consapevole del proprio ruolo ai tempi in cui era la First Lady alla Casa Bianca. E poi, ovviamente, di Michelle Obama. Tutte e tre sono donne incredibilmente intelligenti, molto attente al proprio ruolo, capaci di trasmettere una profonda saggezza.

 
 Oggi però l’America è molto diversa.
Se c’è una cosa buona uscita dalle nostre ultime elezioni è che hanno unito le donne. Personalmente ho manifestato insieme a mia figlia e come artista sono convinta di avere una responsabilità nel cercare ruoli e storie che permettano di far sentire la mia voce. E credo anche che sia importante dare spazio a nuove e attrici e riuscire a creare sempre ruoli femminili interessanti. A casa con mia figlia parliamo di quanto è importante crescere ed essere ascoltate senza farsi mettere i piedi in testa da nessun uomo.

 
Lei è attrice ma sta cominciando a lavorare anche su altre cose.
Ho girato il mio primo film, All We Had  uscio in sala a dicembre e ora su Netflix che ho anche interpretato, è stata una sfida che mi ha dato molta soddisfazione. Mi piace il processo che comporta scrivere una sceneggiatura e pensare a come raccontare visivamente una storia; è un esperienza del tutto diversa dal recitare.

 
 Ci sono registi che l’hanno ispirata?
Sono stata viziata sin dall’inizio, ho avuto la fortuna di cominciare con Ang Lee in  The Ice Storm. Amo il suo modo di raccontare e la meticolosità con cui racconta una storia. Anche Curtis Hanson (Wonder Boys, ndr.) mi ha molto influenzata, e Peter Hedges, tutti registi con cui ho lavorato quando ero molto giovane e da cui ho imparato tanto su come sviluppare i personaggi. Poi amo Cameron Crowe, moltissimo Cassavetes, il mio preferito. Mi piace Woody Allen – ho appena visto una serie di Melville al Film Forum di New York e quindi al momento penso molto anche al suo lavoro.

 
Da poco abbiamo visto Jackie di Larrain…Perché dura il mito di Camelot e dei Kennedy?
Credo perché erano così numerosi e così potenti. Quello che JFK ha fatto da presidente è stato molto importante, e però anche una tale concentrazione di potere in una famiglia non si era mai vista o in America. Jackie è stata fondamentale in questo successo con la sua eleganza senza tempo, e il suo fascino. È quello che ci spinge a volerla raccontare.

 
 Nella vostra storia spicca il rapporto con Onassis…
Al di là di quello che si è detto io credo che fossero veramente innamorati, per Jackie Onassis rappresentò una figura positiva. È quello che ho capito dalle mie  ricerche e volevo che la nostra storia lo trasmettesse.