Una certa predisposizione per l’eccesso abbinata alla capacità di costruire pezzi dal riff inconfondibile e dal fascino – radiofonico – a presa rapida, grazie a una mescolanza di generi in cui trovano allegramente posto rock duro, soul, funky e elettronica. Il successo dei Kasabian, cinque album all’attivo e proprio quest’anno entrati nel decennale dell’attività, si spiega anche così. Il titolo del nuovo lavoro 48: 13, copertina rosa shocking con i soli minutaggi dei brani, si riferisce ai tempi della durata del nuovo disco, che arriva il 10 giugno a tre anni da Velociraptor.

La band su queste coordinate stilistiche ha creato un sound personale, così da stupire già nell’esordio del 2004 grazie ai rimandi gioiosi ai primi Primal Screen, agli Oasis (loro li adorano, e i fratelli Gallagher ricambiano l’affetto) conditi con una spruzzata di Led Zeppelin. Detto così sembrerebbe un gruppo di simpatici scopiazzatori, in realtà questo meticciato sonoro è il credo di Sergio Pizzorno, il gigantesco leader/chitarrista di origini genovesi e del vocalist Tom Meighan, in tour promozionale alla vigilia della pubblicazione dell’album.
E infatti i due musicisti, solleticati da un paragone con la star dell’hip hop americano Kanye West non smentiscono, non negano anzi rilanciano queste variopinte contaminazioni: «Ammiriamo molto il suo lavoro di sperimentazione nell’ambito hip hop e vorremmo riproporlo con il rock». Un disco che li fa sentire: «molto orgogliosi» – come sottolinea Pizzorno e che Meighan, ironizzando: «definisce molto rosa» specificando poi che è un colore che fa «pensare in maniera molto positiva». In realtà: «E’ un disco molto vitale e moderno che ha un attitudine contemporaneamente maschile, punk e femminile. E’ anche per questo che abbiamo scelto il rosa per la copertina…».
Ascoltando i nuovi brani è chiaro come la band non abbia perso l’attitudine godereccia ma si percepisce la volontà di asciugare suoni e snellire gli arrangiamenti. Giocando in sottrazione piuttosto che in addizione, magari rischiando proprio quell’effetto determinante per la realizzazione di canzoni d’impatto come Goodbye Kiss affiancati a episodi decisamente ridondanti. Qui, spiega Pizzorno: «Abbiamo sentito la necessità di essere più, diretti e anche più onesti, mantenendo la forma della canzone e degli arrangiamenti più essenziale possibile».
Un esempio? Eez-eh (Easy), (il bel video è opera dell’artista e designer Aitor Throup) singolo, che tanto per mischiare le carte in tavola, è pura dance. Essenziali 120 bpm al minuto «come spiegava Giorgio Moroder nel pezzo dei Daft Punk, per far ballare la gente…». Ma non è il solo a incendiare la fantasia: Explodes che segue all’introduttiva e un po’ psichedelica Shiva «avevo in mente Kubrick – spiega Pizzorno – e mi sono chiesto cosa avrebbe messo come intro se fosse stato una rock band» è adrenalina pura: «Un pezzo dove racconto il mio stato d’animo quando sto componendo, non riesco a pensare ad altro». Levitation è un pezzo brevissimo, poco meno di un minuto e mezzo, dove la matrice psichedelica è preponderante: «E’ un momento di totale libertà, ti permette di creare e di fantasticare, senza cercare «per forza un sound ‘specifico’…».

Fisico non vuol dire necessariamente album dai testi leggeri. Anzi, :Stevie – uno dei momenti più palpitanti – «potrebbe essere un uomo o una donna. E’ un grido di guerra. L’idea di fondo è che siamo stufi, non ne possiamo più di un certo modo di fare politica, del consumismo. La mia speranza è che ci siano altre persone come Stevie. Magari non tante come una volta», mentre Glass è un attacco ai tempi di totale dipendenza tecnologica: «Anche se è parte della nostra vita – spiegano – credo ci stia distruggendo. Se spegnessimo tutto potremmo ricominciare daccapo. E poi, non vogliamo vedere dei video vogliamo vedere un volto o un corpo in carne e ossa…».

Dopo il giro promozionale, i Kasabian saranno in tour in autunno in Italia con date: il 31 ottobre al Palalottomatica di Roma e il 1 novembre al Mediolanum Forum di Assago.