Una visione stereotipata della fantascienza ne fa un genere di macchinari più o meno futuribili, dall’astronave alla macchina del tempo; o di creature visibilmente o invisibilmente anomale, se non mostruose, siano esse alieni, androidi o mutanti. Entità, che nel tempo hanno consentito di articolare narrazioni escapiste o ammonitrici, fin da quando ancora non si parlava di science-fiction (che in Italia divenne fantascienza grazie a Giorgio Monicelli), ma di scientific romance: l’epoca delle origini, quella di Herbert George Wells e Jules Verne.

Fin dall’inizio, tuttavia, la fantascienza ha invaso l’immaginazione collettiva con entità meno visibili, meno iconiche, e non perciò meno spiazzanti e in certi casi minacciose. Nella Guerra dei mondi di Wells, per esempio,  gli inarrestabili invasori alieni vengono alla fine sbaragliati non dalle armi dell’uomo, ma dagli invisibili e letali batteri, contro i quali i marziani sono sprovvisti di difese immunitarie. A partire da uno dei testi di fondazione della fantascienza l’epidemia, questo evento devastante se non apocalittico, gioca un ruolo importante, anche se batteri, virus e quant’altro si prestano molto meno alla raffigurazione di astronavi e robot.

Il tema dell’invasione dei corpi da parte di entità così piccole da essere invisibili si è lentamente evoluto all’interno del genere, ed è stato portato nuovamente alla ribalta dalla pandemia dalla quale non siamo ancora usciti del tutto: diversi scrittori hanno rielaborato questa pestilenza del XXI secolo in termini di rappresentazione anamorfica, che consente alle narrazioni fantascientifiche autenticamente radicali di restituirci il reale (o ciò che passa per tale nell’era della cosiddetta post-verità) in modi stranianti ma in ultima analisi illuminanti.

È  il caso di I donatori di sonno di Karen Russell (traduzione di Martina Testa,  BigSur,  pp. 158, € 16,00), dove la vita degli Stati Uniti e poi del mondo non è sconvolta dal SARS-CoV-2, bensì da una inspiegabile epidemia di insonnia.

Così nociva – insegna la medicina – da portare, se protratta, alla morte, la mancanza di sonno ha vinto la resistenza della sorella adolescente della voce narrante, Trish Edgewater, che per reagire a questa perdita  entra a far parte delle Brigate Morfeo, un’organizzazione di volontari dediti a raccogliere il sonno con un apposito macchinario e distribuirlo a chi ne è stato privato dall’epidemia. Trish ha scoperto di possedere il  talento di convincere i potenziali donatori, raccontando la storia della tragica fine di sua sorella in modo così coinvolgente da guadagnarli alla sua causa, uno dopo l’altro. Ha convinto, fra gli altri,  i genitori della piccola A, una neonata che fornisce all’organizzazione un sonno purissimo e salvifico, non inquinato da incubi e altri sogni molesti, e per questo in grado di guarire decine e decine di persone dall’eterna veglia letale.

Tuttavia, la sensazione di stare sfruttando la morte della sorella per incoraggiare le donazioni, mette Trish a disagio: il fine è nobile,  ma il mezzo somiglia un po’ troppo a una sorta di ricatto morale, se non a una vera e propria manipolazione dei donatori. La volontaria teme inoltre che il prelievo di sonno possa alla lunga nuocere alla piccola A. Tutto si complica ulteriormente quando alcuni soggetti ricevono una dose avvelenata di sonno invaso da un incubo talmente orrendo da indurli a cercare disperatamente di restare, da allora in avanti, sempre  svegli. Si scatena il panico: le trasfusioni di sonno sono dunque un rimedio peggiore del male?

A leggere questo romanzo tornano in mente le polemiche dei no-vax, i timori più o meno ragionevoli sui vaccini, le discussioni infuriate sui social media relativamente all’opportunità del lockdown, all’utilità delle mascherine, e più in generale le notizie di  giornali e televisioni che alimentavano paure e diffidenza; con la sua epidemia immaginaria, Russell ci riporta al 2020 con una  efficacia determinata dalla distanza che è capace di mettere tra la sua novelette e la storia vissuta.

Quanto alle donazioni di sonno infette, esse non possono non ricordarci  i contagi di Aids via trasfusioni, quando  non erano sufficientemente controllate. Proprio l’invenzione fantascientifica (o fantabiologica o fantapsichiatrica) permette di  creare un distacco utile a alimentare le nostre riflessioni, indotte peraltro dagli interrogativi che l’io narrante della vicenda si pone sul suo operato e sul funzionamento delle Brigate Morfeo.

Mentre torna alla mente il verso di Shakespeare: «Glamis ha ucciso il sonno, e per questo Cawdor non dormirà più,/Macbeth non dormirà più», è interessante leggere I donatori di sonno anche in chiave allegorica, chiedendosi cosa abbia tolto il sonno agli americani, se qualche inconfessabile delitto collettivo o quella avidità che serpeggia sotterranea nel romanzo di Russell e riemerge di colpo nelle ultime pagine, o la  protervia nel ridurre a denaro anche le calamità: il finale persino troppo aperto e precoce del romanzo evita di approfondire interrogativi, che vale comunque la pena di porsi.